⌈ Camminiamo per imparare di più,
per sconvolgerci, per esplorare , per visitare le brutture della vita.
Per portare a esse un soccorso
E’ quindi un meditare coraggioso, una sfida verso se stessi.
Duccio Demetrio – Filosofia del camminare –
(Pedagogista, filosofo – Milano, 6 marzo 1945) ⌋
Prima di incominciare: il Nordic Walking
A dir poco sono seccata!
Seccata di sopportare lo sguardo scettico di qualcuno che vedendomi armata di bastoncini non riesce a comprendere l’utilità di quella che è una vera e propria disciplina sportiva, adatta a tutti e che fa lavorare il novanta per cento della nostra muscolatura: il Nordic Walking.
I vantaggi di questa disciplina sportiva sono i seguenti:
- Come ho già scritto permette l’utilizzo del 90 per cento della muscolatura
- Si consumano all’incirca 400 calorie l’ora rispetto alle 280 di una normale camminata
- Si riduce notevolmente il carico di lavoro sulla struttura muscolare e su quello scheletrico rispetto alla corsa
- Alleggerisce le tensioni muscolari e permette di migliorare e sviluppare la mobilità articolare
- Migliora la capacità aerobica e la resistenza
- Svolge un’azione benefica sul sistema cardio – vascolare
Questi sono solo alcuni dei fattori che fanno del Nordic Walking un toccasana per il nostro corpo e per la nostra mente.
Si può imparare le basi di questa disciplina frequentando i corsi tenuti da istruttori specializzati ( i corsi sono molto brevi, anche limitati ad unica giornata).
Nel box seguente i consigli di Enrico Pellegrini istruttore di Nordic Walking presso ASD La Piave.
Camminare-La-tecnica-del-NW-ASD
Se siete interessati al documento potete scaricarlo da questa pagina.
L’itinerario
Il percorso ad anello che vado a proporvi parte da Sciarborasca (visualizza su OpenStreetMap), per arrivare a Faie, una piccola frazione montana di Varazze e ritorno.
Vi ricordo, inoltre, che ci troveremo nell’interno dell’area del Parco Naturale Regionale del Monte Beigua.
A monte della locale sezione della Croce d’Oro (nei pressi possiamo trovare un parcheggio) inizia la via al Deserto dove praticamente inizia il nostro percorso che sarà tutto su asfalto e con scarso traffico automobilistico.
All’incirca dopo un paio di chilometri arriviamo al ponte che in passato conduceva all’ingresso del territorio dell’eremo.
Dopo averlo attraversato la strada si inerpica per 840 metri fino ad arrivare all’ingresso dell’Eremo del Deserto.
Nel 1614 padre Angelo di Gesù Maria appartenente all’ordine dei Carmelitani Scalzi, decise la fondazione di una casa eremitica affidandone la gestione al convento di Genova che, a tale proposito, stanziò un primo contributo pari a 500 scudi per l’acquisto di un terreno.
Le offerte di vendita di terreni andavano da Capo Noli a Masone, raggiungendo anche le vicinanze di San Remo, ma la scelta cadde su un’area nell’entroterra di Varazze.
Il 21 dicembre 1615 venne concesso l’acquisto dell’area, ma a due condizioni: la prima era che se la funzione di eremo fosse venuta meno il terreno doveva ritornare nelle mani della comunità di Varazze.
La seconda condizione era che il Senato della Repubblica di Genova (della quale Varazze dipendeva) doveva dare il suo assenso per la costruzione dell’eremo.
Il 22 febbraio del 1616 avvenne il primo acquisto di terreno al prezzo di 3.000 scudi, ma il Senato della Repubblica si oppose adducendo al fatto che il passaggio di proprietà faceva venire meno la giurisdizione secolare in favore di quella ecclesiastica. L’intervento di Giulio Pallavicini (governatore di Savona) riuscì ad appianare la disputa con la clausola che parte del terreno compreso nell’atto di acquisto rimanesse sotto la giurisdizione della Repubblica di Genova.
Finalmente il 18 marzo 1618 davanti al generale dei Carmelitani Scalzi Domenico di Gesù Maria, iniziarono i lavori che si protrassero per quindici anni fino al completamento della struttura monacale.
Domenico di Gesù Maria stabilì, quindi, la clausura con scomunica, senza distinzione tra clero e popolo, a chi avesse introdotto una donna nel perimetro del convento. La scomunica, inoltre, veniva comminata a quei frati che uscivano dal confine del convento senza averne prima chiesto l’autorizzazione al padre superiore.
Nel 1799 a seguito della costituzione della Repubblica di Genova (che si ispirava agli ideali della Rivoluzione francese) Il Deserto di Varazze venne confiscato.
Arrivando al XIX secolo, si registrano numerosi passaggi di proprietà del sito: il primo acquirente fu il genovese Ignazio Pagano che si aggiudicò la gara d’asta per il valore di 40.000 lire. a questa vendita furono imposte alcune limitazioni, tra le quali la più importante l’obbligo di disboscare i terreni coltivabili e, al contempo, l’obbligo di coltivare determinate essenze (quali proprio non lo so).
Alla morte di Ignazio Pagano si misero in vendita tutte le proprietà del defunto tra le quali anche l’eremo e questo permise, nel 1818, ai Carmelitani di rientrarne in possesso.
Il 29 maggio 1855, in base a una nuova legge promulgata dal Regno di Sardegna si stabilì il sequestro del convento e la sua ennesima messa in vendita.
Saltando il resto della storia che riguarda diversi passaggi di proprietà (storia che potrebbe risultare alquanto noiosa), si arriva al 16 dicembre 1920 quando con atto notarile i carmelitani rientrarono in possesso dell’Eremo del Deserto officiando la messa il 1° gennaio 1921.
Una mia piccola polemica
Nel suo libro Viaggio in Italia l’autore Flavio Cuniberto scrive a proposito dell’Eremo del Deserto:
<< …Nell’immediato retroterra di Arenzano, dentro una selva fittissima, impervia e poco ospitale, i carmelitani stabilirono secoli più tardi un monastero uno dei monasteri più isolati e desertici, il Deserto appunto, dove si ha la sorpresa di scoprire che al centro dell’insediamento è rimasta una grande piscina o vasca di pietra….>>
Ebbene, l’autore sbaglia la collocazione dell’eremo in quanto si trova nell’entroterra di Varazze e non di Arenzano dimenticandosi, inoltre, che tra queste due cittadine rivierasche sorge quella di Cogoleto mentre, per quanto riguarda la piscina, essa è ormai vuota da anni.
In poche parole sarebbe stato meglio per l’autore (e per coloro che hanno acquistato il libro come la sottoscritta) essersi informato di più, al meno dal punto di vista geografico, su ciò che andava scrivendo.
Superato l’eremo (e relativa polemica personale riguardo al testo di un autore un po’ distratto) la strada prosegue in salita dove troveremo quasi alla fine l’unica fonte del percorso (4 chilometri e mezzo dall’inizio) escludendo quella dell’eremo non sempre zampillante.
Il percorso si spiana e dopo poco più di cinque chilometri dall’inizio arriviamo all’agriturismo La Fonda con annessa area picnic (a pagamento).
Dopo 7 chilometri e trecento metri (quando si dice la precisione) arriviamo al bivio dove a sinistra un sentiero molto sconnesso all’inizio porta in cima al monte Grosso con uno dei panorami più belli sulla riviera di ponente del genovesato, proseguendo si scende verso Varazze, mentre per quello che ci riguarda noi andremo a destra in salita in direzione di Alpicella – Faie.
Ancora poco meno di un chilometro di salita, subito dopo l’incrocio per via al Poggio, ed eccoci alla Via Crucis di Faie da percorrere come un mini anello all’interno della borgata.
Arrivati alla chiesa di N.S. delle Grazie possiamo rilassarci godendo del panorama e della tranquillità che solo in certi luoghi come questo possiamo trovare (decisamente diverso che camminare in pieno centro città).
NOTA: da Faie un sentiero escursionistico porta al monte Priafaia e quindi al monte Beigua con segnavia una croce rossa.
Proseguiamo sulla Via Crucis nella sua parte a monte fino alla cappelletta, da questo punto non dobbiamo fare altro che ripercorrere il nostro cammino dell’andata per arrivare al punto di partenza e cioè a Sciarborasca.
⇒ Genova Nervi – Bogliasco (un percorso cittadino)
⇒ Ponti e le chiese campestri (anello escursionistico)
♥ Alla prossima! Ciao, ciao…..♥♥