Natura, filosofia e arte tutto nell’Oasi Zegna

Natura

L’Oasi  Zegna: un concentrato  di attività in natura 

Sono debitrice di  Nicolas Bouvier per aver utilizzato  nella copertina una frase tratta dal  suo libro La polvere del mondo – un’assaggio del libro lo troverete alla fine nella sezione Parole in Anteprima – ma il contenuto  di  questo  articolo non è tanto il pellegrinare in terre straniere a bordo  di  una Topolino, quanto piuttosto la possibilità di trascorrere qualche ora camminando tra i  sentieri dell’Oasi  Zegna tra  natura e  storia.

Se oggi possiamo beneficiare del relax offerto da uno tra gli  ambienti  naturali più belli presenti  nelle Alpi  Biellesi, lo  dobbiamo a un imprenditore che, consapevole del valore della natura sia dal punto  di  vista conservativo oltre a quello  sociale e turistico,  diede il via a quello  che oggi  viene considerato il primo  esempio  di mecenatismo  ambientale.

Quell’uomo si chiamava Ermenegildo  Zegna.

Il progetto di Ermenegildo Zegna
Ermenegildo Zegna

Ermenegildo Zegna (Trivero, 2 gennaio 1892 – Trivero, 18 novembre 1966) a soli 18 anni fondò a Trivero, in provincia di Biella,  il Lanificio Zegna.

Profondamente legato alla sua terra e innamorato dell’ambiente naturale circostante, diede inizio a un’imponente opera di valorizzazione ambientale consistente dapprima nell’acquisto dei terreni montani sovrastanti al lanificio quindi, a partire dagli Anni ’30, mise a dimora oltre mezzo milione di conifere, implementò un piano di gestione delle acque e dei suoli e fece costruire una via di collegamento delle terre alte di strepitosa importanza paesaggistica: quella che oggi conosciamo come Panoramica Zegna.

 L’Oasi Zegna copre una superficie di circa 100 km2 e il suo utilizzo si basa su due principi fondamentali: il primo è quello di attività a contatto diretto con la natura (quindi outdoor e turismo dolce), a seguire la promozione dell’educazione ambientale.

Il territorio dell’Oasi Zegna viene suddiviso in tre aree che si sviluppano attorno alla Panoramica Zegna: da Trivero Valdilana salendo per circa 4 chilometri fino a raggiungere la Conca dei Rododendri; la seconda arriva a Bielmonte dove si possono scorgere le bocchette, cioè i sentieri di collegamento di una volta tra le aree antropizzate e la Valsessera; l’ultima scende fino a Biella con la presenza di piccoli borghi.

Nell’immagine seguente l’offerta turistica, dei servizi e dell’ospitalità di ogni singola località.

Il percorso tra natura, arte e filosofia

Inizialmente l’idea di  questo percorso era quello  di  partire dal  Centro  Zegna (raggiungibile seguendo le indicazioni  stradali per l’Oasi  Zegna da Trivero) per raggiungere come meta il Santuario di  San Bernardo a 1.400 metri  di  quota e ridiscendere seguendo il percorso  d’andata.

Sennonché, da come si può desumere dal tracciato pubblicato precedentemente, l’itinerario è diventato un intreccio  di percorsi  alternativi (di  ritorni  e esplorazioni  fuori  rotta), per cui ho voluto  evidenziare quelli che per me sono stati i punti più interessanti di  questa mia peregrinatio.

Andata e…….

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Dopo  aver parcheggiato il nostro  mezzo nei pressi  del Centro  Zegna, dove troviamo anche l’ufficio  turistico, ci  dirigiamo  verso  la piccola rotatoria posta sulla S.P. 232 dove inizia il sentiero L5 che conduce in cima al monte Rubello (1.400m.) e quindi  al  Santuario  di San Bernardo.

Si inizierà salendo una rampa a gradoni che in breve condurrà al  Villaggio Residenziale inoltrandoci in una zona boscosa subito dopo aver passato l’ultimo  condominio.

 Si  arriverà alla località Bellavista dalla quale, attraversando di nuovo  la S.P. 232, scenderemo  sulla nostra destra per una cinquantina di  metri fino a risalire per una scalinata in pietra e, sempre mantenendo  la nostra destra, si  ritorna nel  bosco  fino  alla località Caulera.

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A questo punto  si  lascia il segnavia L5 per prendere la variante G13a che si innalza con una serie di tornanti sempre nel  bosco fino a ricongiungerci con il sentiero L5 (in pratica la variante è servita per abbreviare  il percorso ma è anche quella più faticosa).

Il percorso  proseguirà senza ulteriori  deviazioni  fino  a raggiungere il santuario di San Bernardo dove la vista spazierà a 360° su  tutto  l’arco  alpino: dal  Monte Rosa al  Monviso, dall’Adamello fino  al  Bernina.

Il santuario di San Bernardo
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Il santuario di san Bernardo

L’origine del santuario posto sul Monte Rubello ricorda anche la vicenda storica dell’eresia di Fra Dolcino il quale subì una decisiva sconfitta da parte dei crociati inviati dal vescovo di Vercelli Raniero degli  Avogadro nella battaglia alla piana di Stavello il 23 marzo 1307.

La costruzione del santuario risale al 1448, anche se in precedenza, dal Trecento, esisteva  una piccola cappella che da subito   attirò la devozione delle borgate triveresi, con processioni verso la cima della montagna cadenti il 15 giugno,  ancora oggi festa patronale.

Nel 1839 l’edificio venne ricostruito per intero con una struttura a due piani e portico laterale e frontale.

Negli anni 1948 – 1949 Ermenegildo Zegna (il quale deteneva anche il titolo nobiliare di conte di Monte Rubello di Trivero) si prodigò per l’ampliamento dello stabile con l’aggiunta dell’ala ovest.

Alla fine degli anni’60 Aldo e Angelo Zegna, seguendo il progetto dell’architetto Luigi Vietti, hanno apportato le opere di miglioria dando al santuario l’aspetto odierno

…..e ritorno

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Il rifugio Scout di Stavello

Proseguiamo sul sentiero  contraddistinto dal  segnavia N.5 che in breve condurrà al  rifugio Scout di Stavello e da qui alla Bocchetta di  Stavello, spianata che separa il Monte Rubello  dal Tirlo

Ed è proprio che alla Bocchetta di  Stavello  ci  attende una piccola sorpresa:

Il Labirinto di Stavello

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Il Labirinto è una grande spirale sinuosa, antico simbolo della Madre Divina, del dio interiore e della sacralità della creazione: è un archetipo della totalità, un luogo sacro per riscoprire il significato e il proposito della propria anima in questa vita.

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Il Labirinto di Stavello è un labirinto di pietra classico, con la forma di cervello, che si diparte da un vincastro al centro, simbolo di equilibrio.

Il movimento del suo circuito universale procede avanti e indietro per assisterci nel trascendere modi di pensare obsoleti, promuovendo l’apertura alle connessioni invisibili con la Sorgente.

Camminare in esso significa divenire consapevoli della propria guida interiore nella vita

Dopo  la dovuta sosta spirituale e filosofica, ritorniamo  brevemente sui  nostri passi per riprendere il percorso  precedente salendo per un breve tratto sulla nostra destra attraversando la provinciale.

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La fonte Tre Pisse

Seguendo il sentiero in discesa che si inoltra nel  bosco arriviamo  alla fonte Tre Pisse quindi, proseguendo  ancora questa volta sul sentiero N.1 ci inoltreremo  nella Conca dei  Rododendri al  cui interno  troviamo l’area picnic attrezzata  Cascina Caruccia.

La Conca dei Rododendri
La Conca dei Rododendri

Il Rododendro (dal greco albero delle rose) originario dell’Himalaya predilige per la sua crescita terreni acidi e montuosi, ed è proprio per questa sua caratteristica che nelle Alpi Biellesi ha trovato il suo habitat.

Ermenegildo Zegna mise a dimora centinaia di questi esemplari provenienti principalmente dal Belgio la cui fioritura  si ha  nel periodo tra metà maggio e giugno.

Negli anni ’60 l’architetto paesaggista Pietro Porcinai tracciò alcuni sentieri dando all’area un profilo armonico.

Un ulteriore sviluppo si è avuto negli anni recenti, quando l’architetto Paolo Pejrone ha aggiunto alcuni ciliegi da fiore e modificato i percorsi rendendoli accessibili anche a coloro che hanno problemi di disabilità (la Conca dei Rododendri è facilmente raggiungibile da Trivero ove, nei pressi della Cascina Caruccia, vi è un comodo parcheggio per disabili)

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L’area attrezzata Cascina Caruccia

Arrivati  al  termine di  questa bella escursione abbiamo un’ultima sorpresa che ci  aspetta nella parte terminale della Conca: l’opera dell’artista statunitense Dan Graham Two Way Mirror/Hedge Arabesque realizzata per il progetto di  arte contemporanea All’Aperto.

L’opera consiste in una struttura in acciaio  e vetro a rifrazione differenziata in cui i visitatori vengono avvolti in un gioco  di  riflessi che amplia la visione del paesaggio  circostante.

§Durante l’estate del 1953, un giovane di ventiquattro anni, figlio di una buona famiglia calvinista, lascia Ginevra e l’università, dove seguiva i corsi di sanscrito, storia medioevale e diritto, a bordo della sua Fiat Topolino.

Nicolas Bouvier ha già fatto dei brevi viaggi in Francia, Algeria e Jugoslavia, ma questa volta punta più lontano, verso la Turchia, l’Iran, Kabul e il confine con l’India.

I successivi sei mesi di vagabondaggio attraverso i Balcani, l’Anatolia, la Persia e l’Afghanistan, in compagnia dell’amico artista Thierry Vernet, danno vita a uno dei grandi capolavori del Ventesimo secolo.

Puro resoconto di viaggio, pieno di avventure, meraviglie e scoperte, La polvere del mondo è anche e soprattutto un itinerario alla scoperta di se stessi.§

Campo Ligure e il monte Pracaban

La Morra, seguendo il sentiero del  Barolo

Alla prossima! Ciao, ciao…..♥♥

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