Prima di incamminarci…
Capita a volte di rimanere delusi dal percorso che si sceglie (evento raro ma non impossibile), ed è appunto, come in questo caso, dove l’escursione verso il monte Pracaban, partendo da Campo Ligure, non è stata all’altezza delle mie aspettative.
Allora perché scriverne, mi direte voi?
I motivi sono semplici da spiegare: il primo è che, in ogni caso, la conoscenza del territorio e dei luoghi a esso connessi possono diventare lo spunto per una successiva esplorazione ampliandone, quindi, l’orizzonte.
Il secondo motivo nasce dal mio particolare interesse per la scrittura, quindi anche per la gestione del blog, che mi spinge a scrivere articoli, i quali (spero) siano interessanti per coloro che si avventurano tra queste pagine.
Campo Ligure, la visita
Campo Ligure nel 2007 ha ricevuto la certificazione del proprio sistema di gestione ambientale conforme alle norma ISO 14001 ma, cosa più importante per il viandante al di là di norme burocratiche, è che essa fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia
Il borgo è dominato dall Castello Spinola, visitabile con prenotazione (tutte le informazioni sul sito della Cooperativa Dafne)
Le notizie sul castello di Campo Ligure – conosciuto anche come Castello Spinola, dal nome della famiglia nobiliare degli Spinola, i quali nel passato contrassegnarono la vita politica della repubblica di Genova – risalgono all’anno 836 quando si parlava di un’unica torre centrale più alta di quella visibile oggi.
In seguito la fortificazione venne eretta nel punto più strategico dell’area e cioè sulla collina che permetteva di controllare a sud la strada per Genova, a nord quella per il Monferrato e a est la strada più antica per la Lombardia attraverso le Capanne di Marcarolo (questa in provincia di Alessandria).
Passato sotto il dominio dei Sommariva della Marca Aleramica, venne ceduto alla famiglia dei del Bosco della Marca Obertenga.
Furono gli Spinola, all’inizio del XIV secolo, ad ampliare la fortezza nelle forme attuali.
Nel 1600 un incendio causò notevoli danni alla fortezza e, in seguito a quello provocato dalle truppe francesi durante la guerra napoleonica, avvenne la decadenza della stessa.
Nel 1973 iniziarono i lavori di restauro proseguiti nel 1987 dal Comune di Campo Ligure.
Tra gli altri motivi per visitare Campo Ligure non si può tralasciare una visita al Museo della Filigrana Pietro Carlo Bosio, arte orafa che viene tramandata nei numerosi laboratori qui presenti e che ne fanno il centro d’eccellenza italiano.
Pietro Carlo Bosio alla fine degli anni ’50 aprì un proprio laboratorio di filigrana a Campo Ligure.
Al lavoro artistico aggiunse quello di collezionista che lo portò a viaggiare in Italia e all’estero (fino in India) per acquistare oggetti in filigrana di grande valore artistico, ampliando sempre di più la sua raccolta.
L’intera collezione venne donata al Museo Civico della Filigrana che assunse il nome del donatore.
Accennando alla storia della filigrana in Campo Ligure bisogna aggiungere che il primo laboratorio venne aperto nel 1884 da Antonio Oliveri a cui nel tempo se ne aggiunsero molti altri.
Monte Pracaban: il percorso
Se abbiamo scelto di arrivare a Campo Ligure con l’auto, provenendo da Masone all’ingresso del borgo giriamo a destra dalla piccola rotatoria proseguendo per pochi metri dove, sempre a destra, troveremo un parcheggio all’aperto (quello sottostante è a disco orario).
Lasciata l’auto ci dirigiamo verso il centro del paese dove avrà inizio il nostro percorso e cioè dalla via al Convento dove troveremo il segnavia quadrato giallo vuoto nei pressi dell’ex convento.
Da qui in poi ci aspetta una lunga salita su asfalto (circa quattro chilometri) tralasciando alcuni suggerimenti del segnavia indicanti parti di sentiero non agibili (in effetti, continuando sulla strada ritroveremo il quadrato giallo).
Sempre mantenendo la nostra destra dopo un tornante finalmente ha inizio il vero e proprio sentiero in cui i segnavia latitano, la traccia del sentiero non è sempre chiara e piccole frane inducono ad avere un’attenzione in più nel cammino.
Arrivati al Prà della Colla si abbandona il segnavia quadrato giallo che prosegue verso le Capanne di Marcarolo per i tre puntini gialli (ma in effetti la cima del Pracaban è visibile anche senza l’ausilio del segnavia).
NOTA: A differenza di quanto riportato sul tracciato pubblicato all’inizio, la distanza per arrivare in cima al monte è inferiore a quella riportata. Questo perché sono indicate alcune deviazioni frutto di esplorazioni nei dintorni.
Sul Pracaban, oltre all’inquietante tumulo di pietra posto sulla cima (e qui mi è venuto in mente i Grandi Antichi, cioè le creature aliene nate dalla fantasia di H.P. Lovecraft ), ho trovato ad attendermi un vento molto forte e un cielo che via via andava scurendosi, presagio di pioggia in arrivo: d’altronde, il giorno prima, un’occhiata al meteo mi aveva avvisato di una possibile pioggia.
Sappiamo quanto sia importante conoscere le condizione meteorologiche in occasione di una nostra escursione (ma non solo).
I servizi delle diverse società private, ma anche delle reti pubbliche, offrono un’ampia possibilità per la consultazione attraverso le app dedicate.
Per questo motivo mi sono affidata a Meteo&Radar trovando che essa sia molto affidabile sotto tutti gli aspetti.
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Il monte Pracaban in effetti è costituito da due cime gemelle delle quali quella posta a nord- ovest è la più alta mentre la seconda, posta a sud-est, è più bassa di pochi metri e anch’essa ha in cima una piramide di pietra.
Scendendo da quest’ultima cima, seguendo il sentiero contraddistinto da una X gialla proveniente da Rossiglione (segnavia pressoché introvabili in questo punto, io ne ho scorto uno solo per pura fortuna) ben presto arriveremo a un trivio con un capanno di caccia ben in evidenza: noi proseguiremo sulla nostra sinistra arrivando ben presto ad alcune case dopodiché, sempre proseguendo in discesa, si arriverà a ripercorrere la strada asfaltata dell’inzio itinerario e quindi a Campo Ligure.
Ho iniziato citando una frase del libro Appia di Paolo Rumiz (in collaborazione con Riccardo Carnovalini), quindi adesso mi sembra giusto concludere con l’anteprima di questo godibilissimo libro.
§ Paolo Rumiz ha percorso a piedi, con un manipolo di amici, la prima grande via europea, l’Appia, e ce ne riconsegna l’itinerario perduto, da Roma fino a Brindisi.
Lo ha fatto spesso cavando dal silenzio della Storia segmenti cancellati, e ora ci chiama come un pifferaio magico a seguirlo con le gambe e l’immaginazione lungo la via del nostro giubileo, la nostra Santiago di Compostela, della quale viene restituito l’itinerario dopo un secolare abbandono.
Da Orazio ad Antonio Cederna (appassionato difensore dell’Appia dalle speculazioni edilizie), da Spartaco a Federico II, prende corpo una galleria di personaggi memorabili e, mentre si costeggiano agrumeti e mandorleti, si incontrano le tracce di arabi e normanni. Intanto le donne vestite di nero, i muretti a secco, la musicalità della lingua anticipano l’ingresso nell’Oriente.
Per conquistarsi le meraviglie di un’Italia autentica e segreta è necessario però sobbarcarsi anche del lavoro sporco – svincoli da aggirare, guardrail, sentieri invasi dai canneti, cementificazioni, talvolta montagne intere svendute alle multinazionali dell’acqua e del vento – e affrontare la verità dei luoghi pestando la terra col piede libero.
Al racconto fanno da contrappunto le mappe disegnate da Riccardo Carnovalini, che ha trovato il percorso sulle carte, nelle foto aeree e sul terreno, e che ha descritto l’itinerario nel libro: un contributo prezioso e uno strumento utilissimo – considerata l’assenza di segnaletica – per chi volesse seguire le orme di questa marcia d’avanscoperta.§
⇒ La Morra, seguendo il sentiero del Barolo
⇒ Sassello: l’anello escursionistico tra due parchi
♥ Alla prossima! Ciao, ciao…..♥♥