⌈ Perchè viaggiamo?
Perchè esporsi al disagio, ai problemi logistici e alle spese che ogni viaggio necessariamente comporta?
La risposta può facilmente trasformarsi in un nauseante discorso esistenziale,
ma per me è semplicissima: non riesco più a farne a meno.
Da La vita in alto di Erika Fatland
(scrittrice e antropologa norvegese – Haugesund, 27 agosto 1983) ⌋
La mia Via degli Dei
Trattandosi di una esperienza personale e non avendo la presunzione di scrivere una guida sulla Via degli Dei, tutto ciò che troverete di seguito in questo articolo (compreso le mappe di ogni singola tappa) è da prendersi esclusivamente come uno stringato racconto di viaggio e, ovviamente, sottinteso l’nvito a ripeterlo come vostra esperienza.
A mia volta, mi sono avvalsa di una guida cartacea indispensabile per non perdere la rotta come in un qualsiasi altro Cammino o trekking: per cui vi consiglio di acquistare l’ottima Guida alla Via degli Dei (Ed. Terre di Mezzo) di Simone Frignani.
Classicamente la Via degli Dei parte da Bologna per arrivare a Firenze: per questioni logistiche e cioè una più che comoda corsa Flixbus in partenza da Genova (la mia Genova) per Firenze mi ha convinta a percorrere il trekking in senso contrario.
Ciò vuol dire che nel mio senso di marcia non ho incontrato nessuno, fatta eccezione per una coppia di tedesconi, alquanto affaticati e subito persi, ma solo camminatori che arrivavano in maniera tradizionale da Bologna: brevi incontri per lo scambio di qualche pensiero (e l’augurale Buon Cammino).
Ho anche avuto l’impressione (poi diventata certezza guardando i dislivelli) che salire da Firenze verso Bologna comporta affrontare tratti in salita non indifferenti.
La Via degli Dei è lunga 121,5 chilometri a questi, però, vanno aggiunti i chilometri per raggiungere i posti tappa ed eventuali sbagli di rotta (la segnaletica è molto efficiente, ma l’errore è sempre in agguato).
Il problema dell’acqua è fondamentale: nel tratto Toscano le fonti sono pressoché asciutte, le cose migliorano (ma non di tanto) in Emilia. Inoltre, ma questa è una considerazione molto personale, ho notato che in Emilia si ha un occhio di riguardo in più per i camminatori (o viandanti) rispetto alla Toscana.
Mi sono concessa un piccolo sconto chilometrico e cioè invece di partire da Firenze (35° gradi al mio arrivo nel capoluogo toscano) ho deciso di pernottare a Fiesole per proseguire a piedi il giorno dopo: in questo luglio 2022 il grande nemico da affrontare è stato il caldo (e continua a esserlo anche adesso che sto scrivendo sciogliendomi in una pozza di sudore…..poi vado a farmi subito una doccia!).
1° tappa: Firenze – Bivigliano
40 per cento di sterrato / 60 per cento di asfalto
Da Firenze per Fiesole si prende l’autobus 7 da santa Maria Novella
Dopo aver dormito al B&B Le Antiche Scale (stanza così così e colazione non compresa nel prezzo nonostante quello che viene detto nella relativa pagina web) e dopo una cena in una trattoria tipica nel centro di Fiesole e cioè in piazza Mino dove il personale si è accorto della mia presenza solo al momento di pagare (non mi hanno neanche chiesto se volevo il dolce), finalmente posso dire di iniziare il mio trekking.
Tralasciando la variante sul Sentiero di Stilicone mi incammino nel percorso classico e cioè quello che, dopo svariati e inevitabili zig-zag, mi porterà a raggiungere il pianoro di Poggio Pratone (700 m/slm) dove una grande stele riporta un passo dello scrittore Bruno Cicognani dedicato a questi luoghi e sempre dove possiamo lasciare un nostro pensiero scritto su di una pietra.
Oltrepassata la stele il sentiero conduce per circa tre chilometri tra boschi e tratti in quota poi, seguendo il sentiero n.2 verso l’Alberaccio e uno successivo che porta a ridosso della provinciale, finalmente sono arrivata a Bivigliano.
A costo di ripetermi ribadisco che quest’articolo non è una guida ma il resoconto personale di un’esperienza, quindi ancora una vota l’invito è per l’acquisto di un libro necessario al viaggio (come, ad esempio, quello che vi ho suggerito all’inizio).
Ho pernottato presso La Locanda di Bivigliano: buona sistemazione, ottima cena e personale simpatico e disponibile a risolvere le proprie esigenze (anche per l’acquisto di un lattina di Coca Cola quando il bar è ancora chiuso).
2° tappa: Bivigliano – San Piero a Sieve
90 per cento sterrato / 10 per cento asfalto
Dalla conca di Firenze al Mugello toccando il santuario di Monte Senario, l’ex badia del Buonsollazzo e il castello di Trebbio
Dalla locanda di Bivigliano il percorso prosegue per via della Fitaccia, in salita per poco meno di due chilometri, quindi si arriva a un incrocio dove a sinistra si trova la strada per il convento di Monte Senario (qui è presente anche una fonte).
Per mia sfortuna ho voluto proseguire su di un sentiero CAI che avrebbe dovuto tagliare i tornanti della strada asfaltata e che invece si è dimostrato essere un sentiero molto disagevole.
Alla fine, dopo essermi ripromessa di evitare fuori rotta sconosciuti (nel caso di munirmi di machete) ho ritrovato la strada asfaltata: a questo punto era doverosa un’ulteriore, ma breve disgressione, per visitare il santuario di Monte Senario (e il suo bar annesso).
Dopodiché, lasciato alle spalle il santuario, si ridiscende la rampa di accesso per proseguire sul sentiero 00 rimanendo sul crinale per circa un chilometro (seguiremo il segnavia 00 fino a Tagliaferro).
Attraversando un boschetto di noccioli e castagni si arriva a un quadrivio con una croce di legno: imbocchiamo il primo sentiero a sinistra della croce fino ad arrivare alla radura della Sodera con un casale, proseguiamo fino a raggiungere via della Tassaia di fronte ai ruderi della badia di Buonsollazzo.
Camminando, camminando e arrivando a un ulteriore quadrivio dove una fonte – lavatoio mi disseta con un filo d’acqua che esce dal rubinetto: sono arrivata nei pressi di Trebbio con il suo piccolo castello.
Dopo essere passati accanto a una chiesina, si prosegue seguendo il segnavia CAI n°19 che condurrà a San Piero di Sieve.
Qui ho commesso un errore di logistica scegliendo per il pernottamento il Camping Mugello Verde, non propriamente vicino al paese (decisamente lontano…).
La sistemazione nel bungalow è stata discreta, a parte il lavandino otturato (a nulla è servito il mio richiamo per una riparazione) e il movimento ondulatorio e sussultorio dovuto alla contiguità con le altre casette per cui, avendo vicini alquanto poco inclini alla riservatezza, il sonno non è stato del tutto riposante.
Comunque, il Camping Mugello Verde, rimane una struttura logistica soddisfacente per coloro che amano vivere tra piscina, aperitivi, ristorante e magari anche una scappatella verso il vicino circuito del Mugello.
3° tappa: San Piero a Sieve – Passo della Futa
Sterrato 75 per cento/ asfalto 25 per cento
Tappa decisamente impegnativa soprattutto quando le poche fonti sono praticamente all’asciutto
Chissà perché andare contro l’ordine delle cose, nella fattispecie il fatto che la mia Via degli Dei andava in senso contrario e cioè da Firenze a Bologna e non viceversa, crea difficoltà nel comprendere le proprie scelte.
Così, dopo che il receptionist del Camping Mugello Verde ha compreso il mio senso di marcia, si è prodigato per darmi le giuste indicazioni per abbreviare il mio tragitto: << Deve solo stare attenta al traffico>>…
In effetti, trovandomi a percorrere una provinciale molto trafficata da camion e automobili e non avendo cognizione di dove stessi andando (le informazioni datemi erano piuttosto lacunose) ho preso la decisione di ritornare verso San Piero a Sieve per poi riprendere il percorso originale.
Per mia fortuna poco prima del paese nei pressi di un parco e di un impianto sportivo ho ritrovato i segnavia e, dopo aver attraversato la provinciale (stando ben attenta all’attraversamento in quanto non vi sono strisce pedonali), sono arrivata la piccolo villaggio di Gabbiano quindi, dopo all’incirca due chilometri lungo un pendio collinare, mi sono ritrovata di nuovo a calpestare un po’ di asfalto.
A questo punto potevo scegliere se proseguire verso il paese di Sant’Agata (un piccolo borgo con pieve romanica, bar e alimentari), oppure affrontare una ripida salita, l’inizio per giungere al Passo dell’Osteria Bruciata.
A malincuore, considerando i chilometri in più che mi ero già fatta partendo dal camping del Mugello, ho preferito tralasciare la deviazione verso Sant’Agata (sarà per un’altra volta…).
Dal Passo dell’Osteria Bruciata (mi è rimasta la curiosità sul perché di questo nome) la guida suggerisce di non seguire il sentiero 00 verso il monte Gazzaro, in quanto molto ripido e scivoloso (consigliato per escursionisti esperti), ma di proseguire con il sentiero 50 seguendo l’indicazione di sorgente (pia illusione in periodo di siccità) e, dopo un bosco di faggi, proseguire sul sentiero 50A che ci ricongiungerà al sentiero 00 poco sotto il monte Gazzaro.
Seguendo il crinale il percorso per un certo tratto rimarrà in quota per poi scendere con tratti molto ripidi terminando su di una strada asfaltata e, dopo poche decine di metri, sulla statale della Futa.
Si prosegue fino a una rotatoria giungendo così al Passo della Futa: dalla rotonda si prende la direzione di Roncobilaccio passando accanto al Cimitero Militare Germanico, altri 750 metri si arriva al camping La Futa.
Qui ho pernottato come una regina in una stupenda casa mobile attrezzata di tutto , tanto grande da poter ospitare fino a cinque persone e con intorno un bel panorama e tanto silenzio.
Una buona pizza, una partita al calciobalilla (ho vinto 10 a 6 contro Gatto Filippo) e via a nanna godendomi la frescura di un temporale abbastanza forte ma non tanto da dare vitalità alla terra inaridita da questo lungo periodo di siccità.
4°tappa: Passo della Futa – Madonna dei Fornelli
Sterrato 90 per cento/ asfalto 10 per cento
Bellissima tappa di montagna, percorrendo sentieri immersi in estese faggete e storicamente interessante per i tratti ben conservati della Via Flaminia Militare
Abbandonando l’oasi del camping La Futa, si ritorna vero il Cimitero Militare Germanico: di fronte il sentiero 19 salirà inizialmente in un bosco che terminerà in una sterrata. Si prosegue per circa due chilometri fino a raggiungere i resti del selciato romano di Poggio Castelluccio che, insieme a quelli di monte Poggione e monte Bastione, è uno dei meglio conservati della Via Flaminia Militare.
La colonia di Bonomia venne fondata dai romani nel 189 a.C. sul luogo dell’etrusca Felsina.
Tito Livio ricorda che due anni dopo il console Caio Flaminio venne incaricato dal Senato di costruire una strada che, attraversando l’Appennino, collegasse la città padana ad Arezzo.
Nella scelta del percorso il console seguì il tracciato che in passato aveva collegato Felsina con Fiesole, migliorandone la sede stradale con una larghezza minima di otto piedi per garantire un agevole transito all’esercito.
Nei secoli successivi la Via Flaminia Militare venne meno allo scopo per cui fu costruita e quindi progressivamente abbandonata.
Alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, il ritrovamento casuale di una moneta romana nei pressi del monte Bastione fece si che Cesare Agostini e Franco Santi, due amici bolognesi entrambi appassionati di archeologia, iniziarono delle ricerche durate per più di trent’anni, permettendo di individuare così l’esatto percorso della strada e di riportarne alla luce alcuni tratti ben conservati.
I due studiosi diedero il nome di Flaminia Militare alla strada da loro riscoperta per distinguerla dalla Via Flaminia costruita nel 220 a.C. per collegare Rimini a Roma
Proseguendo in salita nella faggeta per un chilometro e mezzo circa si arriva alle sommità del monte Le Banditacce, il punto più alto della Via degli Dei posta alla quota di 1.204 metri (non è certo il Monte Bianco ma arrivarci comporta un certo dispendio di forze).
Passati nei pressi di un laghetto si prosegue sul sentiero 19 – ripeto per l’ultima volta che l’articolo non vuole sostituirsi a una guida per cui le indicazioni sono generiche – fino a raggiungere Pian di Balestra.
Da qui si arriverà a Pian degli Ossi dove gli scopritori della Via flaminia Militare rinvennero una fornace di età romana per la cottura della calce oggi conservato sotto una tettoia in uno stato di pressoché abbandono.
Arrivati all’ampia radura del Capannone, il sentiero riprende in salita dove, proseguendo, si arriverà al sito archeologico della strada romana: per visitarlo si oltrepassa un cancello seguendo lo sviluppo del basolato in una faggeta, al termine usciremo attraverso un altro cancelletto per riprendere il percorso e arrivare alla sommità del monte Bastione: qui, al termine di una discesa un cippo in cemento informa che stiamo lasciando la Toscana per entrare in Emilia Romagna.
Da qui l’itinerario proseguirà fino a ritrovare la strada asfaltata passando accanto ad alcune villette e giungendo nei pressi di piazza Madonna della Neve cioè il centro cittadino di Madonna dei Fornelli posta a 800 metri di quota.
Qui finalmente riesco a trovare un bancomat perché, da Fiesole e fino alla Madonna dei Fornelli, non esiste la possibilità di trovare uno sportello ATM.
Ho pernottato presso l’Albergo Ristorante Poli una buona meta per rinfrancare il corpo (anche attraverso le pietanze proposte dal ristorante annesso).
5° tappa: Madonna dei Fornelli – Brento
Sterrato 60 per cento/ asfalto 40 per cento
Sulla linea di crinale tra Setta e Savena
Dalla piazza Madonna della Neve si imbocca la provinciale in direzione di Monzuno.
All’incirca dopo un chilometro sulla nostra sinistra troviamo una stradina ghiaiata con il segnavia del sentiero 19, proseguendo, dopo un paio di chilometri, si arriva alla sommità del monte Galletto con un parco eolico formato da quattro turbine tripala alte 60 metri.
Si prosegue in leggera discesa per circa un chilometro raggiungendo la località Le Croci a quota 860 metri (qui troviamo una fontanella), anticamente questo piccolo borgo era la dogana tra lo Stato Pontificio e il Granducato della Toscana.
Il sentiero a questo punto ci regala una comoda e costante discesa (a parte alcune piccole salite), passiamo in mezzo a un bosco di castagni e nocciolo attraversando anche due piccoli ponti in legno. Usciti dal bosco oltrepassiamo un campo da calcio raggiungendo la strada asfaltata (costeggiato da un sentiero) fino a raggiungere l’incrocio con la provinciale, arrivando, infine, a Monzuno.
Monzuno, rispetto alle altre località attraversate (esclusa ovviamente Fiesole) presenta una certa vivacità dovuta all’essere una stazione di villeggiatura a ridosso del versante settentrionale del monte Venere sullo spartiacque del Setta, Sambro e Savena. da qui si dipartono le escursioni verso il già citato monte Venere, il monte Adone (questo sulla Via degli Dei) e nel vicino Parco storico del Monte Sole tristemente ricordata nella storia per l’eccidio a opera dei nazi – fascisti.
Da Monzuno ci aspettano cinque lunghi chilometri da percorrere sull’asfalto della provinciale (passeremo anche accanto a una stazione dei Vigili del Fuoco con annessa fonte per viandanti), parallela alla strada vi sono alcuni tratti di sentiero possibilmente da evitare in caso di pioggia.
Ed è in uno di questi tratti che una radice a filo di terreno (e la mia disattenzione) mi ha teso la sua trappola: un volo planato sul terreno duro che mi lasciato senza fiato e almeno una costola incrinata.
Dolorante (e molto arrabbiata con me stessa per la caduta) riprendo a camminare verso Brento, qui la Via degli Dei dà l’opportunità di scegliere se proseguire verso il monte Adone, oppure prendere la via diretta verso il monte del Frate lungo una comoda sterrata.
Non vedo l’ora di togliermi il peso dello zaino anche per poter respirare un po’ meglio e, quindi, scelgo di proseguire verso il monte del Frate seguendo il sentiero 110.
Qui, finalmente, raggiungo il B&B Sulla Via degli Dei per il pernottamento (il pagamento è solo in contanti)
Annalisa, la gestrice del B&B, oltre che essere simpatica e bella mette subito a proprio agio i viandanti fornendo loro solo poche regole della casa: in primis non valicare un certo confine dove il cane da guardia (a cui è stata amputata una zampa dopo che un bracconiere gli ha sparato) fa molto bene il suo mestiere azzannando chiunque si azzarda a oltrepassare il territorio off-limits.
La cena è un menù fisso gustoso e abbondante, al termine è d’obbligo scambiare due parole con gli altri commensali magari fuori nel porticato, al suono delle cicale….e del ruggito dei leoni.
In un primo momento ho pensato che la caduta che ho subito in qualche modo abbia alterato la mia percezione uditiva, poi Annalisa mi ha rassicurata dicendomi che il B&B confina con un grosso centro per il recupero di animali esotici tra cui, per l’appunto, anche i leoni dismessi dai circhi (qualcuno di essi ha aggredito il domatore) e quelli sequestrati ai boss delle varie mafie che pensavano a un leone come a un simulacro del loro potere (quando ignoranza e arroganza vanno a braccetto).
6° tappa: Brento – Bologna (San Luca)
Sterrato 65 per cento/ asfalto 35 per cento
L’ultima tappa della Via degli Dei
Lasciato il B&B Sulla Via degli Dei l’itinerario prosegue seguendo il sentiero 122 seguendo l’idicazione per Mugnano di Sopra.
Dopodiché si seguirà le indicazioni per l’Oasi naturale San Gherardo costeggiando il fiume Reno; superata l’Oasi un e seguendo i segnali CAI imbocchiamo un piccolo sentiero che conduce all’interno dell’area golenale dove zanzare tigri e il gran caldo danno la sensazione di essere in una foresta equatoriale.
Prima di arrivare a questo punto (e prima dell’Oasi di san Gherardo), ho potuto toccare con mano l’ospitalità emiliana: dei privati hanno messo a disposizione dei camminatori (o viandanti) una porzione del loro giardino attrezzato con panche e fontana in cambio di un piccolo obolo non obbligatorio e di un pensiero da lasciare sopra un quaderno.
Poco più in la è una signora anziana che invita a prendere un caffè e a ripararsi dal caldo sotto la tettoia del suo terrazzo, questa volta la merce di scambio non è il denaro ma un po’ di compagnia per spezzare la solitudine (ed è questo il ricordo di un incontro che mi porterò dietro con molta malinconia…)*
Quindi è lei che ho incontrato: La Signora delle Borracce descritta nelle pagine 66 e 67 del libro Il sentiero degli dei di Wu Ming 2.
Tutto corrisponde: il fatto che lei ha parlato del suo passato da ristoratrice e di aver chiuso la sua attività per stanchezza, oltreché la terrazza al coperto dove, invitata al riposo, ho potuto ammirare il panotama sull’ansa del fiume Reno, lo stesso dell’immagine a inizio paragrafo
Lasciato alle spalle la nostra foresta equatoriale ormai siamo alle porte di Bologna entrando nel al Parco della Chiusa (o Villa Talon) nel comune di Casalecchio di Reno dove una sosta è doverosa….
Riprese le forze si prosegue all’interno del Parco attraversando un viale di ippocastani (vi sono delle provvidenziali fontanelle per l’acqua).
Al termine passiamo accanto alla chiesa di san Martino dove inizia il sentiero dei Brègoli che conduce con una Via Crucis fino alla collina di San Luca.
Nell’etimologia popolare i brègoli erano le schegge di legno che i più poveri raccattavano nel bosco dopo l’opera dei taglialegna, il sentiero dei Brègoli venne registrato nel Catasto urbano pontificio del 1780 e reso carrabile nella seconda metà dell’800.
Ovviamente, per non farmi mancare nulla, la scelta per arrivare sulla collina di San Luca è quella di un micidiale sentiero in salita e per giunta sotto il sole (qualcuno dei mei amici con cui ero in contatto durante il trekking mi ha chiesto se desideravo essere arruolata nella Legione Straniera..).
Alle porte del santuario di san Luca sono immersa nella confusione domenicale formata da turisti e devoti, sono un po’ frastornata dopo alcuni giorni passati nel silenzio e lontana da ogni rumore cittadino, per cui non mi soffermo molto e imbocco il portico di san Luca che con i suoi tre 3.796 metri e 666 arcate (qualcuno vede in quest’ultimo numero un qualcosa di esoterico) è il più lungo del mondo, per arrivare al termine di questo trekking alla rovescia e cioè a Bologna.
L’ultimo pernottamento che mi aspetta è presso il Combo Hostel, posto a poca distanza dalla stazione centrale di Bologna è una vera oasi di pace molto simile a un campus universitario, con stanze ampie e moderne e molto colorate.
La sera, immersa nel silenzio del suo parco, con una leggera brezza rinfrescante, guardando le persone che arrivano con zaini e valige (più zaini direi), mi gusto una deliziosa pizza e una Coca Cola Light (me la sono proprio guadagnata).
⇒ Olbicella (anello escursionistico – sentiero n° 558)
⇒ Il cammino di Oropa in 4 tappe
♥ Alla prossima! Ciao, ciao…..♥♥