
⌈E’ necessario affrettarsi se si vuole vedere qualcosa, tutto scompare ⌋
Paul Cézanne
Margaret, Lee e Robert: fotoreporter in guerra
In un certo senso aveva ragione Paul Cézanne nel dire che bisogna affrettarsi se si vuol vedere qualcosa perché nell’istante dopo ciò che abbiamo visto è già cambiato.
Ma se per il pittore il creare un’opera ha i suoi tempi, per un fotografo il discorso è inverso: rapidità, istinto e anche esperienza si fondano in un attimo per imprimere nella pellicola (oggi nei byte di una memoria digitale) quello che l’occhio vuole documentare.
Se poi, per un motivo o per l’altro, si è un inviato di guerra la fretta è necessaria anche per evitare tragiche conseguenze legate alla propria vita.
Ho già scritto di due celebrità della fotografia e dei loro reportage di guerra e cioè di Lee Miller ( ⇒Da modella a fotoreporter di guerra: lei è Lee Miller ⇐ ) e di Robert Capa ( ⇒Robert Capa: The Magnificent Eleven ⇐ ), oggi mi dedico alla figura di un’altra grande fotografa qual era Margaret Bourke – White.
Lo spunto è nato dopo aver letto che, prossimamente, a Milano presso il Palazzo Reale vi sarà una retrospettiva a lei dedicata con un centinaio di foto proveniente dall’archivio di Life, il periodico a cui collaborò da quando Henry Robinson Luce lo fondò nel 1936 avendo il privilegio di vedere una sua foto (la diga di Fort Peck) utilizzata come copertina per il primo numero.
⌈ La data dell’apertura della mostra Prima, donna Margaret Bourke – White è condizionata dai provvedimenti presi per fronteggiare la delicata situazione in cui l’Italia si trova a causa della diffusione del coronavirus ⌋
Margaret Bourke – White, una biografia in poche parole

Margaret Bourke-White (New York, 14 giugno 1904, Stamford, 27 agosto 1971) si specializza in fotografia industriale nel 1927, anno in cui divorzia dal primo marito Everett Chapman sposato due anni prima.
Nel 1928 si trasferisce a Cleveland (Ohio) per aprire uno studio fotografico specializzato nella fotografia di architettura e design conquistando il diritto di essere considerata la più brava ( e forse l’unica per l’epoca) fotografa industriale, questo perché le sue immagini non sono fredde riproduzioni di architetture, ma hanno in se una notevole qualità artistica.
Due anni dopo inizia la sua collaborazione con la rivista di business ed economia Fortune (fondata anch’essa da Henry Robinson Luce appunto nel 1930).
Nel 1930 è la prima donna occidentale a recarsi nella ex – URSS per una serie di reportage sull’industria sovietica.
Nel 1937 insieme allo scrittore e giornalista Erskine Caldwell (che diventerà il suo secondo marito nel 1939 con il conseguente secondo divorzio nel 1942) pubblica il libro illustrato You have seen their faces sulle condizioni miserevoli dei coltivatori dopo un lungo periodo di siccità portatrice di carestia e miseria.
A tale proposito vi rimando al mio articolo su di un’altra grande fotografa testimone di quel periodo attraverso le sue drammatiche immagini: ⇒Dorothea Lange che fotografò la grande depressione⇐
Il 19 luglio 1941 è ancora a Mosca quando i nazisti compiono il primo attacco aereo notturno sulla capitale: presente nell’ambasciata statunitense scatterà le immagini che diventeranno un sensazionale reportage per Life
Rientrata in patria insiste per diventare una reporter di guerra ed essere inviata al fronte accreditata con l’esercito americano.
Nella realizzazione di questo suo desiderio, pesa molto essere una corrispondente di Life e cioè il magazine più diffuso negli Stati Uniti: ben presto si troverà a indossare un’uniforma con le mostrine di war correspondent e con il soprannome di Maggie the indestructible (Maggie l’indistruttibile)
Si ritrova, quindi, sui campi di battaglia del nord Africa e sul fronte italiano, ma è a Buchenwald, che, dopo l’entrata dell’esercito americano sotto il comando del generale George Smith Patton, si ritrova a documentare la disperazione nei volti dei prigionieri ancora increduli di essere stati liberati e l’orrore dei forni crematori, tutto questo malessere lo condensò in una frase:
⌈ Davanti allo strazio della realtà ho scattato senza guardare, l’obiettivo mi serve come barriera tra me stessa e l’agghiacciante verità dell’orrore che ho di fronte⌋
Dopo la guerra
Instancabile nel 1947 è nel subcontinente indiano per documentare la tensione prologo alla nascita del Pakistan a seguito della divisione dall’India.
Ed è qui, a poche ore dal suo assassinio, che fotografò il Mahatma Ghandi: l’episodio è riportato nel film del 1982 Ghandi diretto da Richard Attenborough, con Ben Kingsley nel ruolo di Ghandi, premiato l’anno seguente con ben otto premi Oscar tra cui quello per il miglior film.
Margaret: l’ultima parte della sua vita
Ancora attiva sul campo è in Sudafrica dove scenderà nelle profondità di una miniera d’ oro per un reportage sulle disumane condizioni dei minatori di colore e l’apartheid.
Purtroppo questa straordinaria carriera termina nel 1957 quando, per la disabilità causatale dal Parkinson, firma il suo ultimo servizio per Life.
Muore il 27 agosto 1971 a causa di una caduta nella sua dimora.
Il libro
Nel 1963 aveva scritto la sua autobiografia Portrait of myself della quale pubblico l’anteprima
♥ Alla prossima! Ciao, ciao…♥♥