«Guerriera ardita,
che succinta, e ristretta in fregio d’oro
l’adusta mamma, ardente e furiosa
tra mille e mille, ancor che donna e vergine,
di qual sia cavalier non teme intoppo.»Virgilio, Eneide Libro I 810 – 814
Dal mito al cinema (passando per i fumetti): il mondo delle Amazzoni
Per prima cosa bisogna subito sfatare un luogo comune sulle Amazzoni: non è vero che si amputavano la mammella destra per meglio giostrare con arco e freccia, come del resto è vero che il seno sia lo spazio tra le due mammelle: quindi se un lui (ma anche una lei o un leilui) in un momento di intimità esalta la bellezza della nostra mammella (dandole, appunto, il giusto nome) non offendiamoci.
Lasciando ad altri momenti ogni divagazione a riguardo dell’anatomia femminile, ritorniamo al mito delle Amazzoni.
L’oratore e logografo ateniese Lisia (Atene, 455 a.C. – Atene 380 a.C.) , descrisse le Amazzoni e la loro sorte in questo modo:
Sovrane su molte popolazioni e capaci di soggiogare i popoli vicini mediante le loro imprese, vennero a conoscenza dell’alta considerazione di cui godeva la Grecia.
Per guadagnare una grande fama e dare corpo alle loro speranze, esse si misero in contatto con popoli bellicosi e intrapresero una spedizione contro Atene.
Avendo però a che fare con valorosi combattenti, si mostrarono coraggiose, ma limitatamente alla capacità del loro sesso.
Qui trovarono la morte, subirono il castigo per la loro sconsideratezza e procurarono a questa nostra città l’immortale fama del coraggio
E BLABLABLA: Lisia, come del resto molti nostri uomini contemporanei, pur descrivendo il coraggio e l’abilità delle Amazzoni, alla fine della narrazione non poteva che esaltare l’uomo come vincitore sulla sconsideratezza delle donne che osavano volersi mettere alla pari del maschio dominante.
Il mito, nelle parole di Lisia, non era altro che l’avvertimento rivolto ai suoi concittadini affinché vigilassero per contrastare un’eccessiva influenza delle donne nella vita pubblica, cosa che avveniva in Sparta dove le donne venivano educate alla stessa maniera degli uomini (compreso l’addestramento fisico).
Ovviamente donne di tale levatura non potevano non scontrarsi addirittura con gli dei o semidei come ad esempio, Achille:

Pentesilea , regina delle Amazzoni, combatté valorosamente nella guerra di Troia ma cadde trafitta dalla lancia di Achille.
Quando lui le tolse l’elmo per vedere il volto del suo avversario pensando che fosse un altro uomo, rimase colpito dal fatto che invece era stata una donna a sfidarlo, e che lei fosse bellissima.
A tal punto che, pentito di averla uccisa e innamoratosi di quel corpo, la possedette.
Tersite presente a quella scena accusò di necrofilia Achille: tra i due avvenne un duello concluso con la morte di Tersite.
Diomede, cugino di Tersite, prese il corpo di Pentesilea e lo gettò nello Scamandro.
Achille recuperò il corpo onorando Pentesilea con esequie solenni.
L’amore (?) tra Pentesilea e Achille ha diverse narrazioni per quante sono le scritture di autori classici e drammaturghi moderni come Heinrich von Kleist che, nel 1808, compose il dramma Penthesilea capovolgendone la narrazione :
L’amazzone ama Achille; ma, fraintendendo l’atteggiamento di lui, lo uccide e, nel suo furore d’amore e d’annientamento, fa scempio del corpo dell’eroe.
Infine è il poeta Pindaro a indicare nel Tempio di Artemide a Efeso il luogo di culto delle Amazzoni.
Finalmente Wonder Woman
Si, finalmente Wonder Woman perché, per quanto sia bella e interessante la mitologia, si finisce sempre con non seguire più un filo logico nel discorso e quindi perdendosi tra fonti storiche, i miti, per l’appunto, e dotti disquisizioni di intellettuali o presunti tali (di cui assolutamente mi pregio di non appartenere) .
Mentre i fumetti non impegnano più di tanto, se non lo sguardo vagante su queste tavole colorate di opere mainstream (non tutte ovviamente, anche in questo caso bisogna fare dei distinguo tra bello e brutto, intelligente e decisamente stupido).
William Moulton Marston (Cliftondale, 9 maggio 1893 – Rye, 2 maggio 1947) è uno di quei geni multiformi di cui si conosce quasi nulla (ammetto la mia ignoranza prima della scrittura di quest’articolo): avvocato , psicologo, inventore della macchina della verità e del metodo DISC (modello di autovalutazione comportamentale) ma soprattutto fumettista, nel 1940 venne assunto dalla DC Comics per far fronte a una pubblica opinione che vedeva nei fumetti un danno per i giovani lettori.
Anche Marston, in effetti, giudicava i supereroi molto inclini alla violenza machista e che era venuto il momento di un personaggio femminile che riunisse le doti di Superman alla grazia femminile (nonché l’indiscutibile intelligenza del nostro essere donna, questo l’aggiungo io): nel 1941, un ‘anno dopo essere entrato nella DC Comics, nasceva Wonder Woman (con la complicità di un altro fumettista qual era Harry G. Peters).
Al contrario di alcuni ( purtroppo tanti) uomini di oggi, Marston era più che convinto che le donne fossero più abili dell’uomo in molti aspetti della vita, compresa la politica.
D’altronde, e qui faccio un po’ di gossip, questa sua convinzione era (forse) nata dal fatto di avere una felice coabitazione intellettuale (e sessuale) con moglie e amante tanto che tutte quelle catene che immobilizzavano Wonder Woman non fossero altro che la proiezione di una presunta pratica di bondage con cui moglie, amante e marito – amante si deliziavano nei loro incontri (d’altronde, anche se fosse vero, erano adulti e consenzienti e quindi erano fatti loro).
Abiti succinti, quelli di Wonder Woman, e un’isola di sole donne (in odore di lesbismo) fece venire le convulsioni ai soliti difensori della morale (un po’ come certi nostri politici) i quali, dopo la morte di Marston, ottennero il ridimensionamento di Wonder Woman a un ruolo subalterno rispetto ai supereroi maschili (negli anni ’60 le furono tolti i superpoteri).
Ormai, però, Wonder Woman era diventata un’icona femminista tanto che Ms (rivista femminista liberale americana) nel 1972 la mise in copertina con la dicitura
Wonder Woman for President
Nel 2017 era stata avanzata la candidatura di Wonder Woman come ambasciatrice per la parità di genere da parte delle Nazioni Unite, candidatura poi respinta con la motivazione (da parte delle donne dell’Onu) che il mondo femminile aveva il diritto di avere un vero ambasciatore in carne e ossa (ovviamente donna) piuttosto che essere rappresentate da un fumetto….in effetti non avevano tutti i torti a pretenderlo.
Tralasciando la serie televisiva omonima degli anni settanta , interpretata da una Lynda Carter che si faceva apprezzare (dal pubblico maschile) più per le sue forme che per le doti di recitazione, il tributo che il cinema deve a Wonder Woman viene raccolto nel 2017 dalla regista Patty Jenkins e dalla bellissima (e lo dico senza invidia) e brava Gal Gadot che interpreta una Wonder Woman capace di non dover aspettare il solito supereroe (anche un po’ bietolone) maschio per dimostrare che una donna, con o senza superpoteri, può cavarsela benissimo anche da sola.
P.S.. Le scene dell’isola di Themyscira, patria delle Amazzoni nel film, sono state girate a Palinuro (interessante, vero?)
♥ Alla prossima! Ciao, ciao…♥