La Grande Guerra, ovvero la grande carneficina
Nessun conflitto per quanto limitato esso sia può considerarsi minore rispetto a un altro: è il carico di vittime e distruzioni che fa di ogni guerra simile a un’altra.
Eppure la Prima guerra mondiale (come del resto anche la Seconda guerra mondiale) ha un numero di morti tra militari e civili tanto considerevole da rimanere impresso nella storia umana, ovviamente trattandosi di guerra è giusta la definizione di tragica storia umana.
Tra il 28 luglio 1914, inizio del conflitto mondiale e l’11 novembre 1918 suo termine, si contano più di 17 milioni di morti fra militari e civili, a cui si aggiungono qualche migliaia di marinai delle navi mercantili e pescatori, periti a causa delle mine e degli attacchi dei sommergibili tedeschi, appartenenti alle tre nazioni neutrali di Danimarca, Norvegia e Svezia.
La Via della Pace (Pot Miru)
La Via della Pace (in sloveno Pot miru) è nata dalla cooperazione transfrontaliera italo – slovena, in particolare dei territori a cavallo tra Friuli Venezia Giulia e il territorio sloveno confinante.
Nel progetto sono compresi i sentieri storici della Prima guerra mondiale dalle Alpi Giulie fino all’Adriatico concludendosi a Trieste.
In Slovenia il percorso dei sentieri che riguardano sei musei all’aperto e cioè quelli di Ravelnik, Čelo, Zaprikraj, Kolovrat, Mrzli vhr e Mengore.
La Via della Pace ha una lunghezza complessiva di 230 chilometri ed è percorribile si a piedi che in bicicletta (quest’ultima modalità solo in alcuni settori).
Quelli che propongo nell’articolo sono solo una parte dell’intero itinerario.
Zaprikraj
L’tinerario inizia dal paese di Drežnica a 575 metri di quota ai piedi del versante occidentale del monte Krn (monte Nero) e distante da Kobarid cinque chilometri.
Si seguono le indicazioni per malga Zaprikraj e al termine della strada asfaltata nei pressi di una fontana si trova l’inizio per l’escursione verso il Museo all’aperto di Zaprikraj (1.259 mslm).
Non è un percorso difficile e occorrono all’incirca sei ore per completarlo (ovviamente questo è un dato soggettivo) passando attraverso trincee, caverne, postazioni di artiglieria e i resti della prima linea di difesa italiana sulla catena del monte Nero.
Čelo
Si parte dal paese di Kal-Koritnica a 3 chilometri da Bovec in direzione della Val Trenta.
Dal paese si segue il tracciato con i relativi segnavia verso il monte Svinjak (1.653 m.).
Il museo all’aperto di Čelo propone la visita a una fortificazione di artiglieria costruita dall’esercito austro-ungarico su un versante molto panoramico del monte Svinjak.
La postazione venne edificata nel 1915 poco prima dello scontro con le truppe italiane, ed era parte del sistema di difesa a blocchi di Bovec.
La parte principale della fortificazione si compone di una trincea lunga all’incirca 200 metri con pareti murate che collegano due postazioni di artiglieria, con cucina, posto di osservazione e gli spazi necessari per il ricovero dei soldati.
Da questa trincea il panorama si apre sulla conca di Bovec e sul monte Rombon (in sloveno Veliki Vrh).
Javorca
Una visita a parte merita la chiesa commemorativa dello Spirito Santo (Sv.Duh) di Javorca inclusa dal 2007 tra i monumenti storici del patrimonio culturale europeo.
Essa venne edificata per ricordare i caduti tra le file austro-ungariche nel campo di battaglia di Tolmin ma, soprattutto, come simbolo di riconciliazione e pace.
Il progetto della chiesa fu del luogotenente Remigius Geyling (1878 – 1974) pittore e scenografo viennese, mentre i lavori per la costruzione furono diretti dal sottotenente ungherese Gèza Jablonszky
Il campanile con l’orologio solare riporta lo stemma della monarchia e la parola PAX, gli esterni del santuario sono adornati dagli stemmi delle venti regioni che costituivano l’impero Austro- Ungarico.
Al suo interno alcune tavole in quercia simboleggiano le pagine di un libro commemorativo, con i nomi incisi a fuoco dei 2564 caduti in battaglia (per avere un’idea della ricchezza dell’interno della chiesa vi consiglio di andare su questa pagina).
Paolo Rumiz è tra i miei autori preferiti, penso di aver letto (quasi) tutti i suoi libri apprezzandone lo stile delle narrazioni.
Nel suo libro Come cavalli che dormono in piedi ho avuto modo di scoprire attraverso le parole dell’autore un racconto più intimo: la storia dedicata a suo nonno che combatté, insieme a migliaia di trentini e giuliani, nell’esercito austro-ungarico sul fronte della Galizia (regione storica posta tra i confini di Ucraina e Polonia), affrontando non solo la tragedia della guerra, ma anche l’angheria degli ufficiali superiori che vedevano in questi uomini solo truppe allo sbando e che, al contrario, si comportarono degnamente guadagnandosi il rispetto del nemico.
§Nell’agosto del 1914, più di centomila trentini e giuliani vanno a combattere per l’Impero austroungarico, di cui sono ancora sudditi.
Muovono verso il fronte russo quando ancora ci si illude che prima che le foglie cadano il conflitto sarà finito.
Invece non finisce.
E quando come un’epidemia si propaga in tutta Europa, il fronte orientale scivola nell’oblio, schiacciato dall’epopea di Verdun e del Piave. Ma soprattutto sembra essere cassato, censurato dal presente e dal centenario della guerra mondiale, come se a quel fronte e a quei soldati fosse negato lo spessore monumentale della memoria.
Paolo Rumiz comincia da lì, da quella rimozione e da un nonno in montura austroungarica.
E da lì continua in forma di viaggio verso la Galizia, la terra di Bruno Schulz e Joseph Roth, mitica frontiera dell’Impero austroungarico, oggi compresa fra Polonia e Ucraina.
Alla celebrazione Rumiz contrappone l’evocazione di quelle figure ancestrali, in un’omerica discesa nell’Ade, con un rito che consuma libagioni e accende di piccole luci prati e foreste, e attende risposta e respira pietà – la compassione che lega finalmente in una sola voce il silenzio di Redipuglia ai bisbigli dei cimiteri galiziani coperti di mirtilli.
L’Europa è lì, sembra suggerire l’autore, in quella riconciliazione con i morti che sono i veri vivi, gli unici depositari di senso di un’unione che già allora poteva nascere e oggi forse non è ancora cominciata.§
⇒ Urbex: alla ricerca dei luoghi perduti
⇒ Mesola e il suo bosco tra natura e storia
♥ Alla prossima! Ciao, ciao….♥♥