⌈ In viaggio la cosa migliore è perdersi.
Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano posto alle sorprese,
ed è allora, ma solamente allora,
che il viaggio comincia
Nicolas Bouvier ⌋
Da Calvisio alla preistoria (senza perdersi, o quasi)
Se condivido ampiamente le parole di Nicolas Bouvier, e cioè che durante un viaggio le maggiori sorprese avvengono in ciò che non si è programmato (a meno di non essere nel centro dell’Amazzonia), al contrario mi infastidisco non poco quando in un escursione che prevede di andare dal punto A al punto B i segnavia ti ingannano e ti ritrovi al punto C: cioè fuori rotta.
Oggi la tecnologia aiuta a non smarrirsi, ma per una come me che utilizza il GPS al solo scopo di tracciare il percorso da visualizzare in seguito su di una mappa e che all’elettronica preferisce la vecchia e cara carta escursionistica (che non ha bisogno di ricarica per funzionare), il piacere di perdersi può diventare abitudine, quindi, guardando il tracciato dell’itinerario che troverete in seguito, vi prego di non tener conto dei fuori rotta rispetto al tracciato principale.
L’itinerario
Calvisio si raggiunge facilmente dall’uscita autostradale di Finale Ligure, quindi proseguendo in direzione Finalborgo si raggiunge in poco tempo il nostro punto di partenza.
Arrivati a Calvisio è possibile parcheggiare nelle vicinanze della chiesa di san Cipriano altrimenti, percorrendo in auto uno stretto viottolo alla sinistra della chiesa ( vicolo Bedina, dove inizia il nostro percorso seguendo il segnavia rombo rosso ) è possibile arrivare fino a Lacremà (Calvisio Vecchio) e parcheggiare nei pressi della vecchia chiesa.
NOTA: I posti auto a Lacremà sono davvero esigui (ne ho contati quattro) e parcheggiare al di fuori dei limiti consentiti si rischia la multa per divieto di parcheggio (sembra che la Polizia Municipale di Calvisio sia molto solerte nel far rispettare le regole).
Zaino in spalla percorriamo via Bedina in ripida salita fino all’abitato di Lacremà dove l’acciotolato presto diventerà sentiero.
Ad un primo bivio proseguiamo in salita mantenendoci sulla nostra sinistra per arrivare quindi a un secondo bivio che porta al Bric Reseghè all’incirca 2 chilometri e mezzo dalla partenza (la cartina interattiva può essere utile per valutare le distanze).
Noi proseguiamo dritti seguendo il segnavia quadrato rosso fino ad arrivare a Camporotondo, luogo ammantato di mistero per la posizione apparentemente isolata e per la costruzione in pietra posta ai suoi margini (forse un semplice ricovero per uomini e animali?).
A questo punto il segnavia si perde lasciando l’escursionista (cioè la sottoscritta) abbastanza disorientata, finchè con innato senso di orientamento (direi con molta fortuna) ritrovo la direzione giusta da prendere in un comodo sterrato subito dopo aver attraversato il bosco di Camporotondo mantenendoci sulla nostra sinistra, trovando a segnare il percorso un rombo rosso.
Si prosegue con alcuni saliscendi fintanto che un caratteristico presepe posto in una cavità della roccia indica che siamo in prossimità del Ciappo dei Ceci che, insieme al Ciappo delle Conche e quello del Sale, costituisce uno dei siti archeologici con presenza di incisioni rupestri presenti nella zona del finalese.
Ed è appunto proseguendo che arriviamo al Ciappo delle Conche, punto conclusivo di questo itinerario (il ritorno, ovviamente, ricalca il percorso d’andata).
Il primo studioso che diede una mappatura delle incisioni rupestri del finalese fu Clarence Bicknell nel 1897 ( a lui si deve la scoperta delle incisioni rupestri presenti nella Valle delle Meraviglie del Monte Bego).
Nel 1908 è il geologo Arturo Issel che, pubblicando un censimento delle incisioni rupestri, ne ipotizzò la loro natura preistorica. eppure, ancora oggi, una datazione precisa di queste testimonianze del passato e del loro significato non è certa.
Alcuni archeologi hanno evidenziato un’analogia di questi siti con quello di Panoias (Portogallo settentrionale) dove una grossa roccia presenta coppelle e vasche collegate da canali e dove, in base alla traduzione di alcune frasi incise nella roccia in latino, risalenti al III secolo d.C., hanno portato a ipotizzare che in questi luoghi si officiassero riti di iniziazione, anche cruenti, con sacrifici di animali.
Purtroppo, come si può vedere dalla fotografia seguente, il Ciappo delle Conche attira anche coloro che, ignorando l’importanza storica di queste testimonianze del passato, vogliono lasciare il loro segno per la curiosità degli archeologi di un futuro remoto
Ciappo delle Conche: alcune incisioni
⇒ Borgio Verezzi – anello Sentiero Natura –
⇒ Alpicella: il tour megalitico
♥ Alla prossima! Ciao, ciao…..♥♥