⌈ Senza ombra di dubbio la più grande invenzione nella storia del genere umano è la birra.
Oh, vi garantisco che la ruota è stata anche una bella invenzione,
ma la ruota non si accompagna altrettanto bene con la pizza
Dave Barry ⌋
Birra, produzione, tipi e noccioline (a parte)
Aspettando che Elon Musk alzi il sipario sulla sua GigaBier (e già immagino che andrà a ruba a prezzi stratosferici) mi accontenterò di scrivere qualche riga su questa bevanda: lo farò da semi-astemia quale sono, per cui l’articolo è da intendersi come puro intrattenimento (le noccioline, appunto, sono a parte).
Ovviamente per una consulenza mi sono avvalsa dell’aiuto di Gatto Filippo buon conoscitore delle bionde, rosse o nere……
Non potevo lasciare che il mio gatto preferito, nonché tuttofare, si accollasse tutta la fatica (si fa per dire) di scrivere, per questo voglio contribuire con una ricetta:
⌈ Se siete invidiosi di Elon Musk e pensate che anche voi potete progettare una birra, questo libro penso che sia per voi…
Formule, ingredienti, pratiche brassicole storiche e attuali – tutto questo e altro ancora è contenuto in Progettare grandi birre: La guida definitiva per produrre gli stili classici della birra.
Basandosi su informazioni raccolte da registri di vecchie birrerie, libri, analisi birrarie moderne e centinaia di ricette premiate, l’autore Ray Daniels ci offre una grande quantità di dati sulle tecniche brassicole storiche e contemporanee e sugli ingredienti utilizzati per quattordici tra i più noti stili birrari ad alta e bassa fermentazione.
Ray Daniels offre, inoltre, calcoli di produzione per pianificare e adattare ricette birrarie, nonché dettagli sulle materie prime.
Destinato sia all’homebrewer esperto sia al birraio artigianale professionista, Progettare grandi birre unisce le informazioni tecniche contemporanee alle tradizioni storiche allo scopo di creare una guida a tutto tondo degli stili classici.⌋
⌈Il nome del riso è riservato al prodotto ottenuto dalla lavorazione del risone con completa asportazione della lolla e successiva operazione di raffinatura.
E’ vietato vendere prodotto non corrispondente a quello sopra descritto col nome di riso.
LEGGE 18 marzo 1958, n. 325⌋
Riso, risi…
Oryza sativa
Immaginatevi di essere una chef pentastellata chiamata a preparare una semplice paella: quale riso pensate di utilizzare per la preparazione di questo piatto?
Se non avete la risposta giusta (e qui vi tolgo le stelle) sappiate che il riso bomba è essenziale per la preparazione della vostra paella, peccato che sia coltivato in Spagna (in quella sud orientale) e non in Italia.
In Italia, però, si coltiva il Riso di Grumolo delle Abbadesse (piccolo comune posto ta le province di Padova e Vicenza), prodotto tipico della zona nonché presidio di Slow Food e con esso altri varietà che arricchiscono il made in Italy risaiolo.
Evviva gli sposi.....
<< …Riso e mandorle, dolci canditi, petali, mucchietti di polverine color cannella ma soprattutto riso. Riso bianco e riso color zafferano. riso tra le pagine delle preghiere, riso nelle mani, nei capelli, sotto i piedi.>>: così scriveva Giuseppe Cederna nel libro Il grande viaggio.
Ovviamente lo scrittore si riferiva al suo viaggio in India, ma per trovare l’utilizzo beneaugurante del riso, lanciato sugli sposi al termine della cerimonia nuziale (possibilmente solo il riso e non la scatola intera), possiamo rimanere in Italia.
La tradizione risale all’epoca dell’antica Roma quando al posto del riso si utilizzava semi di grano o avena con i quali, in maniera simbolica, si augurava agli sposi una vita prospera e felice.
Alla fine del XV secolo i semi di grano vengono sostituiti dal riso e, in questo caso, l’augurio diventa quello rivolto alla fecondità della donna insieme a un rito apotropaico per allontanare gli influssi maligni.
Oggi la tendenza è quella di sostituire il riso con auguri alternativi quali il lancio di palloncini, petali o addirittura bolle di sapone: l’augurio è però sempre lo stesso e cioè quella di una vita felice per la coppia.
Riso, una storia in pochi chicchi..
Raccolta e fasi della lavorazione del riso. Cheng Qi – disegno su rotolo, seconda metà del XIII secolo
Attraverso lo studio di reperti fossili si è visto che le origini del riso risalgono a cinquemila anni fa (altri studi lo retrodatano addirittura a diecimila anni fa) nella valle dello Yang Tze.
Dal VII secolo furono gli Arabi che importarono il riso dapprima in Egitto e quindi in tutto il Maghreb fino al Senegal per poi introdurne la coltivazione in Spagna in seguito alla conquista islamica della penisola ibericainiziata nel 711.
Nell’Andalusia araba il riso veniva coltivato con la semina tra marzo e maggio in vivai irrigati ogni settimana all’incirca (lo stesso metodo riscontrabile nella Pianura Padana nel secolo scorso), poi, dal mese di marzo fino a maggio, le pianticelle venivano trapiantate nelle vere e proprie risaie fino alla mietitura che avveniva nel mese di settembre.
Le fasi della coltivazione del riso
1) Nel periodo tra la fine dell’inverno e inizio primavera avviene la preparazione del terreno con l’aratura e la concimazione.
2) Durante il mese di aprile avviene l’inondazione dei campi
3) Sempre nel mese di aprile inizia la semina attraverso l’utilizzo di macchine che creano righe parallele di terreno rialzate pronte ad accogliere i semi. Dopo la semina la risaia viene sommersa e da lì poco nasceranno le piantine. Ai primi di giugno si inizia l’operazione di monda, cioè l’eliminazione delle erbe infestanti.
4) Nei mesi di settembre e ottobre viene effettuata la mietitura del riso per mezzo delle macchine mietitrebbiatrici che separano i chicchi dalla paglia
In Italia, tra il 1472 e 1475, i registri di viaggio attestano il porto di Pisa come terminal per modeste quantità di riso venduto come merce pregiata al pari delle spezie (al tempo il riso veniva usato in medicina come depuratore dell’apparato digerente) per poi essere utilizzato comunemente come cibo.
Alla fine del Quattrocento si hanno le prime ( e modeste) coltivazione nelle pianure irrigue della bassa Lombardia per poi diffondersi fino ad arrivare alle coltivazioni odierne.
Risotti offerti dalla Caterina
Vorrei tanto invitarvi alla mia tavola, ma al momento penso di non avere lo spazio necessario per invitarvi tutti, se non sul mio blog: per questo motivo di seguito troverete un mio ricettario dedicato ai risotti (lo stesso lo potete scaricare da questa pagina)
⌈ Tutto ciò che ci rende veramente felici è semplice: amore, sesso e cibo!
Meryl Streep⌋
Gastrofisica: qui ci vuole un bel invito a cena
E’ probabile che un pasto frettoloso servito alla tavola fredda dell’Ikea, e per quanto i piatti possano essere appetitosi (ma tutto dipende da quanta fame abbiamo), non porti alla consapevolezza di quello che la gastrofisica si prefigge di fare e cioè all’uso di tutti i sensi nel mangiare.
Quindi, a parte il senso del gusto e dell’olfatto, secondo la gastrofisica c’è lo spazio anche per gli altri sensi: vista, tatto e udito.
Per sperimentare quest’esperienza chiedete al vostro(a) partner di sacrificare una buona parte del proprio stipendio per portarvi in uno di quei ristoranti di alta cucina dove le pietanze vengono servite con un adeguato contorno scenografico.
Così, a solo esempio, un piatto di ostriche potrebbe essere accompagnato dall’ascolto in cuffia del suono dello sciabordio delle onde, oppure inquadrando il qr posto sulla bottiglia di vino, la degustazione è accompagnata da una musica appropriata per esaltarne il gusto.
In pratica il tutto è una sinfonia che ha come direttore d’orchestra il nostro cervello e Charles Spence, docente di psicologia sperimentale presso la Oxford University, è il guru di questa ramo della psicologia il quale nel suo libro Gastrofisica ci accompagna a un nuovo modo di considerare l’atto del mangiare (anteprima in inglese alla fine dell’articolo).
Charles Spence
Lo stesso Charles Spence è stato ospite a Mantova nella recente edizione di Food&Science Festival che si è conclusa il 4 ottobre scorso.
Eppure nei tempi passati…
Giorgio Vasari (sec.XVI) – Convito per le nozze di Ester e Assuero
Forse non si può parlare specificatamente di gastrofisica, ma anche nel passato le portate di un sontuoso banchetto venivano accompagnate da adeguate scenografie.
Così nel 1336 Galeazzo Visconti signore di Milano, in occasione delle nozze di sua figlia Violante con Lionello d’Anversa, predispone il convivio con vivande elaborate, sature di profumi e colori accompagnate da una teatralità che aveva la funzione di sbalordire i convitati e fare risaltare il prestigio dell’ospite.
Così, tra le diciotto portate di quel pranzo infinito, leggiamo che:
⌈ Alla prima portata vengano serviti porcelli e porcelle dorate con il fuoco in bocca e contemporaneamente vengano presentati due segugi con collari di velluto e con corde di seta e dodici coppie di segugi con collari dorati di oricalco e collari di cuoio con corde di seta
Alla seconda portata vengano serviti lepri dorate e lucci dorati e vengano presentate sei coppie di leporari con collari di seta con borchie dorate di oricalco, con sei lacci di seta, cioè un laccio per ogni coppia: parimenti sei astori con lunghe di seta con bottoni d’argento smaltato a insegne del signor Lionello duca di Clarence, con bottoni di perle in cima.
Alla terza portata un grande vitello dorato con trote dorate e vengano presentati sei grandi cani da caccia con collari di velluto con fibbie e maglie di oricalco dorato…..⌋
Le altre quindici portate hanno, più o meno lo stesso tenore: mi chiedo solo se alla fine sia stato servito un amaro benedettino per la digestione.
Il libro in anteprima
⌈ E se mangiare o bere fossero molto più complessi di quanto pensassimo?
Se la nostra percezione dei cibi non fosse solo una questione di lingua o di naso ma dipendesse anche dai colori, dai suoni e dalle forme?
Sembra incredibile ma è solo l’inizio delle scoperte di Charles Spence, professore all’Università di Oxford.
Un testo che fonda le basi della Gastrofisica e la pone al centro di ogni esperienza gastronomica, rendendo questa disciplina fondamentale per chiunque lavori con il cibo o le bevande, o anche soltanto per chi fa di questi prodotti un bene primario.
Gastrofisica è il libro per tutti coloro che vogliono trasformare il semplice nutrirsi in una esperienza indelebile.⌋
⌈ Un pesciolino rosso a un altro: <<Io non credo in Dio>>
L’altro risponde: <<Nemmeno io, ma chi altro pulirebbe la nostra boccia?>>.
Wiet van Broeckhoven (presentatore e scrittore radiofonico belga) ⌋
Baccalà e stoccafisso sono la stessa cosa?
merluzzi
Dal punto di vista del fornitore (suo malgrado) delle carni no perché è dal merluzzo (gadus morhua) da cui si ricava la materia prima per preparare prelibatezze culinarie (a proposito; alla fine dell’articolo troverete la ricetta per il Baccalà alla napoletana).
La differenza è tutta nella conservazione, in quanto il baccalà è conservato sotto sale (si può definire baccalà solo quello che raggiunge più del 18 per cento di sale assorbito dal pesce), mentre lo stoccafisso viene essiccato al sole su apposite rastrelliere per tre mesi.
Quindi se il baccalà può essere prodotto in tutto il periodo dell’anno, lo stoccafisso può esserlo solo quando determinate condizioni climatiche lo permettono e cioè da febbraio a giugno.
Il migliore stoccafisso è quello prodotto nelle isole Lofoten nel nord della Norvegia dove è ottimale il connubio tra sole e vento artico per l’essiccazione.
Dopo i tre mesi di stagionature al palo (cioè sulle rastrelliere) lo stoccafisso viene stivato al chiuso per altri due mesi dove continuerà la maturazione.
Sembra che questo metodo di produzione sia vecchio di almeno mille anni,lo stesso utilizzato dai Vichinghi (buongustai oltre che predatori).
Lo stoccafisso (cioè il merluzzo) pescato nelle gelide acque delle isole Lofoten è il primo prodotto norvegese ad aver ottenuto l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) dall’Unione Europea, in particolare grazie alla pesca del merluzzo nordico chiamato Skrei
Quando messer Querini naufragò
Pietro Querini in un dipinto d’epoca
Nell’aprile del 1431, Pietro Querini mercante e membro del Consiglio della Serenissima, partì da Creta diretto verso i mari del Nord a comando del veliero Gemma Querina con a bordo merci pregiate quali spezie, barili di malvasia, cotone e altro ancora.
Superato lo Stretto di Gibilterra, dapprima la nave si arenò su uno scoglio e quindi costretta a una sosta di cinque settimane a Cadice quindi, riprendendo la rotta verso le Canarie, raggiunse Lisbona proseguendo per Capo Finisterre.
Non si può dire che Pietro Querini in quel viaggio fu molto fortunato: infatti, trovandosi a sud dell’Irlanda, andò alla deriva a causa di un vento di scirocco che lo spinse verso l’arcipelago delle Isole Sorlinghe a 45 miglia dalla punta sud – occidentale della costa dell’Inghilterra.
Con la Gemma Querina ormai ingovernabile il naufragio fu inevitabile: dei sessanta marinai a bordo solo 16 con Pietro Querini riuscirono a mettersi in salvo a bordo di una scialuppa e. dopo 19 giorni, approdarono nell’isola di Sandoy, vicino a Røst nelle Lofoten.
Gli abitanti dell’isola accolsero ben volentieri i naufraghi (le malelingue dicono che furono soprattutto le donne quelle ad essere più premurose verso i marinai) e qui rimasero per quattro mesi finchè, il 15 maggio 1432, poterono ripartire alla volta di Venezia con un carico particolare: 60 stoccafissi essiccati.
E fu così che lo stoccafisso entrò a far parte della gastronomia italiana, si calcola che oggi il volume d’affari annuali per l’importazione dello stoccafisso norvegese IGP è pari a 40 milioni di euro.
La ricetta
Quella che troverete tra poche righe è la ricetta per preparare il Baccalà alla napoletana: non è un piatto veloce da preparare in quanto bisogna eliminare la pelle dal pesce, dividerlo in porzioni e mettere i pezzi in un contenitore in acqua fredda per almeno ventiquattro ore.
L’alternativa è farvi invitare a cena (o a pranzo, se preferite)
Il Libro in anteprima
Il giornalista Franco Giliberto e il capitano di lungo corso (nonchè ufficiale di Stato maggiore della riserva di marina e consulente navale) Giuliano Piovan hanno scritto Alla larga da Venezia e cioè l’incredibile viaggio di Pietro Querini oltre il circolo polare artico nel ‘400
⌈ Un tuffo all’indietro nella Venezia del ’400, un viaggio per mare verso le Fiandre.
La Gemma Quirina, nave con sessantotto marinai, carica di vino e spezie, non giunge a destinazione, ma va alla deriva nell’oceano in pieno inverno.
Undici naufraghi redivivi sono accolti nella paradisiaca isola di Røst, oltre il circolo polare artico.
È questo lo scenario in cui compaiono tormentose storie d’amore, inconfessabili segreti di fanciulle, burrascose vicende marinare, prepotenze e punizioni d’una ciurma allo sbando. E soavi momenti di quiete degli undici superstiti, accuditi per cento giorni dalle disinibite donne dell’isola norvegese.
Pietro Querini è il nobiluomo veneziano capitano della nave partita da Creta nel 1431 e scomparsa all’imbocco della Manica. A Venezia lo si crede morto annegato, ma sorprendentemente ventuno mesi dopo la sua partenza ritorna in patria con i pochi compagni d’avventura rimasti, dopo un lungo percorso a piedi attraverso la Svezia e la Germania.
Conosciuta soprattutto dagli studiosi per la sua importanza storica e geografica, l’impresa di Querini è poco nota ai più. Finalmente, con quasi seicento anni di ritardo, Giliberto e Piovan danno voce alle gesta di questo grande nobile veneziano con un racconto rispettoso della realtà dei fatti ma insieme intenso e divertente.⌋
ALTRI SCRITTI
Per la categoria DolceSalato ho scritto diversi articoli tra cui:
Quando marciscono sulle spiagge l’odore emanato non è certo paragonabile a un bouquet di rose.
Eppure le alghe (nome che comprende le alghe rosse, verdi, brune e microalghe) sono state finora utilizzate come fibre o integratori, senza poi dimenticare che essendo ricche di amminoacidi, lipidi, vitamine, minerali e acido ialuronico, vengono utilizzate nella cosmesi come antiossidanti e detossificanti, oltre che per la talassoterapia
La FAO ha sempre nobilitato le alghe definendole come il cibo del futuro per il loro valore nutritivo e contenuto proteico.
Il mio assistente Gatto Filippo ha preparato una piccola tabella in cui sono elencate alcune proprietà delle alghe (naturalmente queste proprietà possono variare nei diversi tipi di alga)
Metti un alga nel piatto (ad esempio la spirulina)
In una sorta di classifica sull’alga più commestibile e utile per l’organismo penso che il primo posto sia occupato dalla spirulina.
La spirulina è in grado di sopravvivere in condizioni climatiche estreme e viene coltivata senza l’utilizzo di pesticidi e diserbanti (mi sembra logico considerando che vive in acqua).
La spirulina contiene il 60 per cento di proteine facilmente digeribili, nonché amminoacidi essenziali, vitamine e minerali tra cui il ferro ben assimilabile grazie alla presenza di provitamina A (Beta – carotene).
Sono presenti anche acidi grassi come omega 3 e anti ossidanti come la ficocianina (è anche un colorante alimentare).
Nonostante le proprietà di quest’alga l’Anses (Agence nationale de sècurité sanitaire de l’alimentation et du travail) in un report ha ricordato che la spirulina può contenere, se non coltivata in condizioni ottimali, cianotossine, batteri e presenza di elementi pesanti: inutile dire nocivi per il nostro organismo.
⌈ L’inventiva gastronomica e il talento di Matteo Vigotti, nel suo ebookDal mare regala un insieme di ricette di grande appeal estetico.
Lui è uno chef capace di trasformare i tanti frutti del mare, in particolare alghe e molluschi, in piatti capaci di stupire il palato e sorprendere i sensi.
Un ebook insolito e innovativo che si prefigge di far conoscere un nuovo modo di concepire il mondo gastronomico marino dalle alghe, salutistiche per il corpo umano, ai molluschi, bianchetti, uova di pesce ma anche le parti meno nobili del pesce ovvero le più economiche, da sempre scartate e inutilizzate, diventano ingredienti fondamentali per creare vere e proprie prelibatezze.
Alghe, molluschi e pesce rappresentano un mondo naturale interessantissimo fatto di gusti, di sfumature di colore, di profumi e sapori di una delicatezza quasi impercettibile.
Proprio partendo da questi genuini ingredienti, Vigotti, all’interno del libro, racconta ricette fresche e stuzzicanti, sia cotte che crude, semplici da preparare e decisamente alla portata di tutti. Un ebook di cucina in cui è profonda la volontà di legare l’uomo al mare. ⌋
⌈Le giornate dovrebbero iniziare con un abbraccio, un bacio, una carezza e un caffè.
Perché la colazione deve essere abbondante
Da Peanuts di Charles M. Schulz ⌋
Libri, ricette e consigli
Vi confesso la mia scarsa predisposizione quest’oggi a scrivere qualcosa di più impegnativo che non siano i suggerimenti per la lettura di qualche libro di cucina (se poi lo volete acquistare dopo averne letto l’anteprima è affar vostro).
Ingannevolmente nel sottotitolo ho aggiunto la parola consigli, ma in effetti e riallacciandomi alle parole sacrosante di Snoopy, l’unico consiglio che mi sento di fare è quello che non si deve mai e poi mai rinunciare ad una colazione abbondante condita. per l’appunto, da un abbraccio, un bacio, una carezza e, per quanto mi riguarda, al posto del caffè una bella tazza di tè verde.
Naturalmente ognuno di noi è libero di fare il tipo di colazione che vuole: a me, una volta, un amico maltese mi ha offerto patate e uova fritte, cosa che il mio stomaco ha rifiutato al solo pensiero.
Un libro vegetariano
Pur non considerandomi una vegetariana al cento per cento (non disprezzo la carne, ma solo una tantum) posso affermare di esserne quasi un’adepta (peccato per quell’una tantum di cui sopra): in effetti amo cucinare i primi piatti e le verdure, cosa che mi da una certa soddisfazione quando le cavie a cui sottopongo i miei preparati si dichiarano molto soddisfatti (oppure sono molto amiche o amici da non dirmi la verità?) .
Non so se quattrocentoottantadue pagine e più di settecento ricette possano essere sufficienti per definire un libro come la bibbia della cucina vegetariana, ma gli autori ne hanno certo dato una grande varietà di piatti da preparare in modo da soddisfare (quasi) tutti i palati.
Un libro vegano
Sono ancora molto lontana dall’essere vegana (prima dovrei diventare del tutto vegetariana) ma, complice una fine d’anno ospiti di cari amici vegani (ciao Sarah, ciao Paolo e ciao Francesco) devo dire che se mai avevo qualche tipo di pregiudizio sul veganesimo ( soprattutto rimane uno stile di vita e filosofia) questo si è sciolto come un fiocco di neve sulla punta della lingua (l’inverno è ancora lontano ma prima o poi ritornerà).
⌈ I motivi per eliminare dalla tavola, oltre alla carne, anche tutti i cibi di derivazione animale, come latte, burro, uova e miele, sono tanti. Ma, nonostante le forti motivazioni alla base di questa scelta, molti, fra coloro che hanno abbracciato l’alimentazione vegana, sentono il rimpianto dei sapori tipici della nostra tradizione culinaria.
Come coniugare, quindi, l’etica, la salute e il gusto per i piatti della nostra cucina regionale?
Questo straordinario libro dello chef vegano Gabriele Palloni, frutto di studio e ricerca, riesce nell’intento: 250 ricette, riccamente illustrate a colori, tra le più famose delle diverse regioni dello stivale, sono qui rivisitate in chiave vegana. La descrizione delle ricette è semplice e spiegata passo passo e nessun procedimento è lasciato all’improvvisazione.
Una carbonara senza la pancetta potrà mai essere appetitosa?
A giudicare dai commenti dei sempre più numerosi fan della cucina di Gabriele Palloni, la risposta è: ma certo che sì! E allora proviamo l’estasi di una cotoletta alla milanese vegetale al 100%, di una amatriciana senza guanciale e assaporiamo un cannolo alla siciliana senza che la bilancia, oltretutto, se ne possa accorgere… Il libro è diviso per capitoli partendo dalle basi di cucina, per poi arrivare, regione per regione, agli antipasti, ai primi piatti, ai secondi, contorni e dolci, come la nostra tradizione ci ha insegnato.⌋
Meno della pasta e di tutte le verdure e frutta, nonchè qualche tipo di formaggio: forse la carne mi piace più del pesce (ma sempre di carne si tratta) ma il consumo che ne faccio è limitato al massimo a una porzione la settimana (questo dovrebbe farmi guadagnare qualche indulgenza da parte di chi di voi è vegetariana, mentre la condanna penso che sia totale da parte di un’adepta vegana).
I dati che la Coldiretti ha fornito in un report di giugno 2018, indica il consumo medio di carne in Italia pro – capite in diminuzione attestandosi a 79 chilogrammi (con la mia bistecchina settimanale sono lontana da questa soglia): a confronto i portoghesi e spagnoli ne consumano quasi un centinaio di chilogrammi mentre, attraversando l’oceano, si arriva ai 222 e rotti chilogrammi consumati da uno statunitense (in questo caso i dati sono quelli del Dipartimento dell’Agricoltura USA)
Naturalmente bisogna fare un distinguo su quello che viene considerato il consumo di carne, perché se è diminuito l’acquisto di carni rosse (manzo e maiale) è al contempo aumentato quello riguardante la carne bianca, soprattutto del pollame ( e ciò è un bene in quanto una coscia di pollo a livello cardiovascolare è più salutare di una fiorentina….intendo la bistecca).
A seguire i dati della FAO riguardo alla produzione di carne nel mondo (limitati al 2014)
Il peso nell’ecologia di un chilo di carne (rossa)
A parte il fatto che il 15 per cento del totale dei gas a effetto serra (metano) è prodotto dalle flatulenze dei bovini nonchè il consumo di suolo vegetale per dare spazio agli allevamenti, quanto costa in risorse idriche produrre un chilo di carne rossa?
Considerando che le previsioni demografiche vedono fra trent’anni la popolazione mondiale stimata in 10 miliardi di individui, è ovvio che il consumo di carne, con la tendenza attuale, sarebbe insostenibile.
Si può pensare che sopperire alle fonti di apporto di proteine animali, indispensabili per la produzione di triptofano necessario alla nostra buona salute, possano pensarci gli insetti, nel senso che la nostra bistecca alla fiorentina potrebbe essere sostituita da un piatto di cavallette o simili…ma abituarsi al gusto è forse chiedere troppo!
Allora ecco che la tanto vituperata scienza potrebbe venire in soccorso con le cellule staminali
Le cellule staminali sono cellule primitive, non specializzate dotate della capacità di trasformarsi in diversi altri tipi di cellule attraverso un processo denominato differenziamento cellulare.
In pratica un gruppo di cellule staminali verrebbe coltivato e fatto proliferare in incubatori biologici; in una seconda fase queste cellule staminali, attraverso specifici fattori di differenziamento (quali essi sano chiedetelo a un biochimico) si trasformerebbe in muscoli scheletrici.
A dare il sapore di carne ci penserebbe l’aggiunta di alimenti base come succo di barbabietola rossa o zafferano
Il futuro è già tra noi: società come, ad esempio, la Memphis Meat (finanziata, tra l’altro anche da Bill Gates, Sergey Brin e Richard Branson) ha sviluppato una serie di prodotti a partire da cellule staminali che alla fine diventano burger di pollo, bovino o maiale.
Per quanto stuzzicante potrebbe essere l’idea di vestire i panni di Amelia (la strega che ammalia….Disney docet!), in cucina l’unica stregoneria ammessa è quella della trasformazione della materia (verdure, carne, uova, legumi e BLABLABLA) in succulenti piatti da gustare in compagnia oppure malinconicamente da sole (a parte che anche da sole ci si può divertire un mondo….facciamo mezzo mondo).
Ma se una cipolla affettata ci fa piangere o alcuni tipi di peperoncino una volta ingeriti ci rendono simili ai draghi de Il trono di Spade è tutto merito a parte delle molecole che compongono, in questo caso, il vegetale.
Così, ad esempio, nella cipolla alcuni enzimi tipo come l’alliinasi portano alla formazione di solfuri allilici con conseguente lacrimazione, mentre nel caso del peperoncino il bruciore più o meno consistente è dovuto alla quantità di capsaicina
E’ da notare che questi composti presenti nei vegetali non sono lì per causare pianti o bruciori a noi esseri umani, quanto piuttosto sono le armi chimiche che i vegetali utilizzano contro i loro predatori: ad esempio, sempre riferendosi alla capsaicina, essa viene utilizzata dal peperoncino per difendersi da funghi parassiti.
Se invece il vostro problema è la dieta potete ricorrere alla melanzana, la quale dal punto di vista nutrizionale fornisce solo delle fibre in quanto povero di proteine, carboidrati e vitamine (va da se che una dieta con solo melanzane è un viatico per passare a quella che si dice essere una miglior vita)
Un mito da sfatare, parlando sempre di verdure, è che mangiare carote crude non porta a un assorbimento maggiore del betacarotene (precursore della vitamina A).
Dalla cucina alla libreria
Dunque se il cibo è proverbialmente anche vita, è giusto conoscerlo anche dal punto di vista delle componenti: a guidarci in questo mondo microscopico è il chimico e divulgatore, nonchè saggista, Dario Bressanini che da poco ha dato alle stampe l’ultimo libro di una cospicua serie dedicato al cibo e cioè La Scienza delle Verdure (anteprima alla fine dell’articolo), il quale tra il descrivere enzimi, vitamine, proteine e altro, dà alcuni consigli di come sia meglio cucinare l’alimento.
Ad esempio, eravate a conoscenza che per cucinare un’ottima bistecca deve essere salata prima della cottura?
Il sale denatura la proteina miosina rendendola solubile in acqua, così che riassorba il liquido facendo diventare la bistecca più succulenta (ovviamente se siete vegani il problema per voi non si pone).
Dalla cucina alle nuove linee guida per l’alimentazione
Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e economia agraria ) ha elaborato le nuove linee guide per una sana alimentazione che vanno integrare quelle suggerite dieci anni fa.
E’ dato molto spazio all’importanza sul consumo di frutta e verdura e di tutti i prodotti di origine vegetale.
Un’attenzione particolare è nell’uso degli integratori alimentari (oggi se ne consumano troppi, anche inutilmente, e senza un’adeguata prescrizione medica.
Infine si parla della riduzione degli eccessi e quindi della sostenibilità alimentare e ambientale.
Queste linee guida le potete trovare in questa pagina del Crea e scaricarle in formato pdf (un esempio è quello nel box sottostante)
⌈Cibi alcalini e acidi, i 5 sapori fondamentali, la respirazione dei vegetali…
Torna Dario Bressanini, questa volta con un libro dedicato al vasto mondo delle verdure. Come sempre, il libro offre un punto di vista inedito e innovativo, addentrandosi nel mondo del gusto, del benessere, della scienza, il tutto con un taglio rigoroso, ma sempre chiaro e comprensibile.
Le principali verdure vengono interpretate dal punto di vista della struttura e della composizione, del colore, del sapore e dei vari metodi di cottura.
Non mancano curiosità, aneddoti storici e ricette.⌋