⌈ Lego allo Stato Italiano, rappresentato dal Ministero della Pubblica istruzione, la mia collezione di manifesti pubblicitari raccolti durante un settantennio, esistenti tutti e soltanto nei solai della mia casa In Borgo Mazzini 48, in Treviso…..
Dal lascito testamentario di Ferdinando Salce – 12 settembre 1962 ⌋
Manifesti, che passione
Bisogna avere tanto spazio per raccogliere 25.000 manifesti pubblicitari e Fernando (Nando) Salce di spazio ne doveva avere tanto nella sua casa di Treviso ove, manifesto su manifesto, anno dopo anno, aveva arricchito la sua collezione. fino al giorno della sua morte avvenuta nel settembre del 1962.
Nato a Treviso il 22 marzo 1877 in una famiglia benestante (suo padre commerciava in tessuti, lui stesso ragioniere, iniziò la sua passione per i manifesti all’età di diciotto anni, quando a Venezia, in un giorno d’inverno (e Venezia può essere molto triste d’inverno), il suo umore cambiò alla vista del manifesto di Giovanni Maria Mataloni per il Brevetto Auer Incandescenza a Gas
Giovanni Mataloni – Brevetto Auer Incandescenza a gas (1895)
Esistono due tipi di collezionisti: quelli che custodiscono gelosamente gli oggetti della propria raccolta e non la mostrano a nessuno se non a pochi intimi e quelli che, al contrario, provano il piacere nel condividere la propria passione e Fernando Salce senza ombra di dubbio apparteneva a questa seconda categoria di collezionisti.
Infatti lui accoglieva nella sua casa chiunque fosse interessato all’arte grafica dei manifesti (in maniera gratuita e, si dice, offrendo a gli ospiti bevande contro la calura estiva).
La nuova casa per la Collezione Salce
Venticinquemila manifesti, raccolti in più di cinquant’anni, dopo il lascito di Fernando Salce ( e un’opportuna catalogazione) hanno trovato una sede definitiva nell’ex chiesa dedicata a santa Margherita in Treviso.
AVVISO
La nuova sede del museo presso l’ ex- chiesa di santa Margherita verrà aperta al pubblico alla fine del mese di marzo di quest’anno. In occasione dell’apertura sarà possibile visitare la mostra dedicata all’illustratore Renato Casaro. Per informazioni: [email protected]
Nel frattempo sul sito della Collezione Salce è possibile la visione dei manifesti della raccolta (in basso tre esempi)
Adolf Hohenstein (1900)
Orlando Orlandi – manifesto pubblicitario per i Pneumatici Pirelli
Orlando Orlandi (1921)
Il libro in anteprima
⌈Una volta la pubblicità era arte. Prima che la radio e la televisione diventassero i mezzi principali per gli inserzionisti nella metà del XX secolo i manifesti dominavano il panorama pubblicitario in tutto il mondo. Bellissimi poster dipinti a mano sono stati creati da alcuni degli artisti più importanti del mondo: uomini come Alphonse Mucha e Jules Chéret hanno prodotto in serie migliaia di poster colorati, invitando i consumatori ad acquistare un’ampia varietà di beni e servizi, partecipare a eventi speciali o viaggiare in luoghi esotici.
La litografia, il processo di stampa che ha reso possibile la produzione in serie di poster, è stata inventata nel 1798, ma è stato solo nel 1880 che il processo è stato finalmente in grado di produrre poster in modo affidabile in modo rapido ed economico. Questa svolta è stata dovuta a un processo innovativo creato da Jules Chèret che ha permesso agli artisti di ottenere tutti i colori dell’arcobaleno. Gli artisti furono improvvisamente in grado di utilizzare la loro superba abilità artistica e la loro straordinaria maestria per creare, in maniera economica, splendide opere d’arte su manifesti di carta facendo nascere, quindi, una nuova forma d’arte, quella grafica delle affiche. ⌋
⌈ L’inferno non è mai tanto scatenato quanto una donna offesa
William Congreve – La sposa in lutto ⌋
Eva dal fumetto al cinema
….Sennonché Diabolik stava perdendo per davvero la testa, e non metaforicamente visto che la stessa era in procinto di essere staccata dal resto del corpo dalla lama della ghigliottina.
Ma come accade spesso (nella finzione, qualche volta anche nella realtà) l’amore di una donna salva l’eroe ( o antieroe, dipende dai punti di vista) dalla morte certa: lo fa Eva Kant in L’arresto di Diabolik terza puntata della saga a fumetti della coppia criminale.
Non parlerò in questo articolo di Diabolik – ad attrarmi non è tanto il personaggio quanto della bravura dei disegnatori chiamati di volta in volta a darne la forma nel disegno, a partire dal mitico Angelo Zarcone* detto il tedesco – quanto piuttosto di lei: Eva Kant
*Il mistero di Angelo Zarcone
Di Angelo Zarcone si sa di certo che era italiano e che negli anni sessanta aveva all’incirca trent’anni. Veniva soprannominato il tedesco poiché si recava presso la redazione della casa editrice Astorina in compagnia di un bambino biondo avuto dalla relazione con una donna tedesca, ma, soprattutto, perché in estate si presentava vestito con un paio di bermuda e zoccoli con le calze (proprio come i più classici turisti teutonici) Angelo Zarcone lavorò alle tavole del primo numero di Diabolik scritto da Angela Giussani: consegnate le tavole all’Astorina, sparì senza lasciare nessun recapito. Nel 1982, in occasione del ventennale di Diabolik, le sorelle Giussani ingaggiarono il famoso investigatore privato Tom Ponzi per rintracciarlo, ma neanche lui ebbe successo. Nel 2019 venne realizzato il documentario diretto da Giancarlo Soldi, dal titolo Diabolik sono io, al cui interno si ipotizza sulla vita di Angelo Zarcone dopo la sua misteriosa scomparsa
A parte il film del 1967 diretto da StenoArriva Dorellik con Johnny Dorelli e Margaret Lee, la prima Eva Kant in celluloide è stata l’attrice austriaca Marisa Mell nel Diabolik di Mario Bava del 1968 (a interpretare il criminale in calzamaglia fu chiamato il semi sconosciuto attore John Philip Law) mentre a Michel Piccoli andò a ricoprire le vesti dell’ispettore Ginko con la colonna sonora composta da Ennio Morricone.
Dino De Laurentiis comprò i diritti del fumetto dalle sorelle Giussani per farne un film, il budget che mise a disposizione per la realizzazione del film fu di duecento milioni una somma considerevole per l’epoca.
A dirigere il film fu chiamato Mario Bava dopo che il primo regista Tonino Cervi abbandonò la regia.
In Italia Diabolik venne snobbato dal critico Tullio Kezich che lo definì semplicemente stupido, mentre all’estero,specialmente in Francia, il film fu molto apprezzato tanto che il critico cinematografico statunitense Roger Ebert lo definì più bello e divertente di Barbarella.
Dopo cinquantadue anni Diabolik ed Eva ritornano al cinema: a farsene carico dell’impresa sono i fratelli Manetti (Manetti Bros.) che hanno fatto sfrecciare la Jaguar Type nera di Diabolik (un’icona pari all’Aston Martin di James Bond) per le vie di Bologna e altre città del nord Italia per ricostruire quelle della fantasiosa Clerville.
La sceneggiatura è basata proprio sul terzo capitolo della storia di Diabolik (L’arresto di Diabolik) quella dove, per l’appunto, entra prepotentemente in scena Eva che diventerà sua complice e amante e, nel contempo, ad addolcire quel tanto il carattere oscuro del criminale.
Miriam Leone è Eva, mentre Diabolik ha il viso di Luca Marinelli, mentre lo sfortunato ispettore Ginko (che mi ricorda molto nella sfortuna Willie Coyote) è interpretato da Valerio Mastandrea, secondo me più credibile nel ruolo rispetto a quello che fu di Michel Piccoli.
Di seguito potete vedere i trailer dei due film ricordando che tra il primo e quello di oggi è trascorso più di mezzo secolo (l’articolo continua dopo).
Eva e le sue mamme
Angela e Luciana Giussani in una foto negli anni sessanta
Fu Angela la maggiore delle sorelle ad avere l’idea di un personaggio quale Diabolik in aperta rottura con la morale degli anni Sessanta: nel suo progetto il fumetto doveva avere (tanto) sangue, sesso e violenza.
Chi più di lei poteva comprendere il magico mondo dei fumetti essendo lei stessa proprietaria della casa editrice Astorina (fondata nel 1961): Diabolik, per meglio dire il fumetto di Diabolik, poteva coinvolgere diverse tipologie di lettori, dai più giovani fino ai pendolari annoiati nelle loro trasferte in treno.
Diabolik arriverà alla sua tredicesima puntata quando Angela decide di proporre alla sorella Luciana di occuparsi insieme di Astorina e di scrivere a quattro mani le future avventure del Re del terrore.
Il 10 febbraio 1987 Angela muore a causa di un tumore all’età di 65 anni; Luciana prosegue nel dirigere la casa editrice lasciando l’impegno nel 1992, continuando, però, a scrivere le avventure di Diabolik: l’ultima sarà Vampiri a Clerville (2000).
Luciana muore nel marzo del 2001 a 73 anni.
La storia di Eva Kant
Come ho già scritto Eva Kant appare per la prima volta in L’arresto di Diabolik ma le sue origini vengono svelate in due successivi racconti e cioè Ricordi del passato e Eva Kant quando Diabolik non c’era.
⌈ Eva è la figlia illegittima di una povera ma bellissima donna di nome Caterina (il nome mi ricorda quello di una famosa blogger….) e di Lord Rodolfo Kant.
Quest’ultimo, per paura di uno scandalo ma soprattutto di suo cugino Anthony Kant, nasconde la relazione con Caterina e la nascita della bambina.
Un giorno, però, Rodolfo in pegno del suo amore nei riguardi di Caterina, le porta in dono Diamante Rosa ma, come in tutti i feulitton di rispetto, il cugino Anthony si mette di mezzo e uccide i genitori di Eva e facendola rinchiudere in un orfanotrofio.
In seguito Eva fugge via dalla sua prigione rifugiandosi in Sud Africa: qui, sotto la copertura di cantante di nightclub, inizia la carriera di spia industriale finchè un giorno incontrando il cugino di suo padre (che immagino non la riconosce) lo fa innamorare per poi sposarsi e acquisire legalmente il cognome Kant.
In Eva Kant quando Diabolik non c’era l’episodio in cui lei farà sbranare il marito da una pantera…..⌋
Il fumetto in anteprima
⌈ Due momenti fondamentali della saga di Diabolik, in cui non solo appare per la prima volta la figura di Eva Kant, ma soprattutto già si delineano le caratteristiche di questo personaggio: il suo fascino, il suo passato turbolento, la sua capacità di affrontare situazioni drammatiche, il suo porsi alla pari con il Re del Terrore, amante, compagna e complice.
La prefazione è stata scritta da Concita de Gregorio⌋
⌈ Non è che noi donne vi diciamo sempre le stesse cose, è che siamo ottimiste:
speriamo che prima o poi possiate capirle
Mafalda ⌋
Mafalda ha 57 anni, ma rimane sempre la stessa bambina (pestifera e saggia)
Mafalda ogni giorno, quando faccio colazione, mi guarda dal calendario appeso alla parete: mi guarda, mi fa sorridere con i suoi aforismi (qualcuno, lo ammetto, non lo comprendo subito….mi sono appena svegliata) e mi fa anche comprendere che la vita va presa per il verso giusto e che non bisogna mai arrendersi alle avversità e lottare contro le ingiustizie.
E dire che quando lei è nata, appunto nel 1963, il suo papà, l’indimenticabile Quino, le aveva prospettato una vita relegata a fare da testimonial di una marca di elettrodomestici: per fortuna non se ne fece nulla e al fumettista a cui erano rimaste alcune strisce venne l’idea che quella bambina poteva dire molto di più che un semplice slogan pubblicitario.
Nel 1964 Mafalda ha un posto d’onore nel supplemento umoristico della rivista Leoplàn, quindi passa ad essere pubblicata sulle pagine di PrimeraPlana e, nel 1965, a quelle del El Mundo.
Nel 1966 l’editore argentino Jorge Àlvarez pubblica il primo libro con la raccolta in ordine cronologico delle strisce di Mafalda: in due giorni la tiratura del libro andò esaurita.
Mafalda arriva per la prima volta in Italia nel 1968 (anno delle contestazioni di massa) in un’antologia pubblicata da Feltrinelli.
Mafalda Volume 8: l’anteprima
⌈ Mafalda ha i capelli corvini e la bocca a ciabatta, ama i Beatles, parla come un’adulta e vuole fare la rivoluzione. E si chiede perché con tanti mondi più evoluti, io sono dovuta nascere proprio in questo?⌋
⌈ Street Art ovvero quel complesso di pratiche ed esperienze di espressione e comunicazione artistico – visuali che intervengono nella dimensione stradale e pubblica dello spazio urbano, originariamente provviste di una fisionomia alternativa, spontanea, effimera e giuridicamente illegale salvo poi essere, in una fase posteriore, parzialmente sanzionate e fatte proprie dalla cultura popolare di massa, dal mercato e dalle istituzioni, prospettiva che contribuisce a rendere molto problematica a oggi una puntuale individuazione del campo, che rimane estremamente liquido e aperto a molteplici visioni
Definizione tratta dall’Enciclopedia Treccani ⌋
Street Art o Cave Art
Figure di animali dipinti sulle pareti della grotta di Lascaux (Francia)
Molto prima che l’essere umano utilizzasse il linguaggio per comunicare in maniera intellegibile tra gli appartenenti a uno stesso gruppo (cosa che oggi si rischia di perdere per un uso smodato di emoticon e abbreviazioni di parole a uso chat), era l’immagine a trasmettere il concetto.
Sulle pareti delle grotte incominciarono ad apparire mani, figure antropomorfe e animali stilizzati a scopo propiziatorio o per culto magico (forse anche solo per divertimento, chi può dirlo?).
Altamira in Spagna e Lascaux in Francia sono tra i siti più conosciuti al mondo dove l’arte preistorica (o la preistoria dell’arte) è testimoniata da dipinti murali risalenti al 25.000 – 20.000 a.C.
Fare anche un semplice excursus dall’arte preistorica alla Street Art moderna è al di la di ogni mia competenza (e voglia), per cui prendete queste righe solo come introduzione ad una mostra in corso a Genova e a un tributo a quegli artisti sconosciuti che con la loro arte, oltre che lanciare un messaggio, rendono più piacevole alla vista quello che sarebbe solo un muro di cemento grigio.
Naturalmente da questa categoria di persone sono da escludere quelle che spacciandosi per graffitari sono semplici imbrattatori di muri.
Street Art in mostra a Genova: Shepard Fairey
Shepard Fairey con alle spalle Hope: il poster che ritrae Barack Obama
Nel 2008 il volto di uno sconosciuto senatore americano viene rappresentato in un poster dal titolo Hope: una speranza democratica per il popolo americano dopo la governance repubblicana di George W. Bush: il senatore era Barack Obama, l’artista che lo ha ritratto in quel poster che presto diventerà un’icona mondiale è Shepard Fairey.
⌈ Lo stesso Obama, dopo essere stato eletto, ringrazierà l’artista con una lettera in cui si legge: Ho il privilegio di essere parte della tua opera d’arte e sono orgoglioso di avere il tuo sostegno⌋
Shepard Fairey nasce nel 1970 in South Carolina (precisamente il 15 febbraio 1970 a Charleston), a diciotto anni si diploma presso l’Accademia d’arte.
L’anno seguente realizza il progetto André The Giant has a posse(André the Giant era un campione di wrestler e la frase in slang significa André the Giant ha una banda): in pratica disseminò i muri della città con degli stickers (adesivi) riproducenti il volto dell’atleta che verranno poi replicati da altri artisti in altre città statunitensi.
Fairey precisò allora che la scelta del soggetto era casuale ma che il senso del progetto era quello di produrre un fenomeno mediatico.
In seguito il volto del wrestler venne riprodotto con la scritta Obey (Obbedisci) che in seguito divenne la firma di Shepard Fairey.
Nel 2010 Fairey appare anche nel documentario Exit through the gift shop diretto da Bansky (è inutile dirvi chi sia..)
Obey fidelity. The Art of Shepard Farey
Obey fidelity. The Art of Shepard è il titolo della mostra che il Palazzo Ducale di Genova ospita fino al 1 novembre prossimo.
Nelle sale del Sottoporticato di Palazzo Ducale, oltre alla celebre opera Hope, saranno presenti altre opere divise in quattro temi: l’ambiente; la donna vista come soggetto di emancipazione; il potere come antagonismo e infine la cultura.
Le due piccole gallerie fotografiche che seguono sono un mio personale omaggio a tutti quegli artisti di strada che colorano l’ambiente urbano con le loro opere.
Non saranno mai famosi (ma chi può dirlo) ma senz’altro esprimono un sentimento.
La prima galleria riguarda opere realizzate sulla ciclopedonale che collega Arenzano con il paese di Cogoleto, mentre la seconda sono opere realizzate ad Ariano Irpino in provincia di Avellino (cliccare sulle immagini per ingrandirle)
Arenzano
Ariano Irpino
Il libro in anteprima
Comprendere cosa sia la Street Art a volte può essere difficile, per questo Patrizia Mania, Raffaella Petrilli e Elisabetta Cristallini hanno scritto insieme Arte sui muri delle città un’utile guida per comprenderne il significato artistico.
⌈ La Street Art e la Urban Art sono fenomeni attuali sia per il forte impatto sociale e culturale che producono, sia per i problemi che suscitano sul piano estetico ed artistico.
In Italia, alcuni eventi recenti – opere di Street Art e di Urban Art censurate, cancellate o maldestramente “strappate” dal supporto originario per essere esposte in mostre, gallerie e musei – hanno riacceso il dibattito intorno alla questione della loro eventuale conservazione e musealizzazione.
Con il proposito di attivare una riflessione su questi ed altri aspetti controversi di una pratica artistica che sta determinando nuovi paesaggi urbani, si è svolta all’Università della Tuscia nell’autunno del 2016 una giornata di studi nella quale si è presentata un’analisi ad ampio raggio degli aspetti semiologici, giuridici, estetici, storico-artistici.
Del vasto orizzonte indagato negli interventi di docenti universitari, esperti del settore e giovani studiosi, questo volume restituisce la plurale complessità.⌋
Avere Warren Buffett nella veste di angelo custode dei nostri risparmi è pressoché impossibile, avere i soldi che ha Warren Buffett è similmente impossibile se non per qualche colpo di fortuna o capacità personali, oppure siamo gli eredi di zio Paperone (ma Qui, Quo, Qua avrebbero comunque da ridire).
Ovviamente, pur non essendo un tycoon, avere dimestichezza nella gestione dei nostri risparmi – e quindi evitare di cadere nelle trappole dei tanti avvoltoi travestiti da consulenti finanziari che mirano esclusivamente ai loro interessi – è di fondamentale importanza.
Quello che, purtroppo, manca nella stragrande maggioranza di noi (e io mi metto in cima alla lista) è una sana, indispensabile, educazione finanziaria.
Informarsi e istruirsi è quindi necessario per non giocare a mosca cieca con chi gestirà le nostre risorse finanziarie: nulla toglie che siamo liberi anche di mettere i nostri soldi in un materasso ma, in caso d’incendio, è bene ricordarsi che il nostro capitale è bruciato!
In rete non è difficile trovare notizie e tutorial per una prima infarinatura, con approfondimenti per chi si vuole addentrare ancora più nel mondo della finanza.
Nell’editoria i libri, manuali o quant’altro, dedicati all’argomento sono tanti, per alcuni titoli bisogna essere degli specialisti del settore, altri promettono di arricchirsi in poche mosse (ma a gonfiarsi è solo il portafoglio dell’autore), infine vi sono libri come Non come i miei soldi! manuale di autodifesa ed educazione critica alla finanza, testo curato da Banca Etica (anteprima alla fine dell’articolo).
Il libro
⌈ Il sistema finanziario usa il nostro denaro per progetti che devastano l’ambiente o per speculare sul destino di interi Paesi. È il momento di dire basta! Informiamoci e cambiamo insieme la finanza.
Non con i miei soldi! ha l’obiettivo di fornire a tutti, risparmiatori e cittadini, gli strumenti per non essere più complici del sistema finanziario.
La finanza globale infatti – a più di 10 anni dalla crisi – non è cambiata molto: è un sistema ipertrofico, poco efficiente, insostenibile, che somiglia a un casinò in cui pochissime persone si arricchiscono, scommettendo sul fallimento di interi Paesi, investendo in progetti nocivi per l’ambiente oppure speculando sul cibo, fino all’esplosione della prossima “bolla”.
Ma quel che è peggio è che lo fanno con i nostri soldi!
Questo libro è una “scuola”, che parte dall’ABC finanziario, spiega con chiarezza i fondamentali della finanza e -tra un’ora di speculazione e una gita nei paradisi fiscali- arriva al master in Finanza Etica.
Sì, perché tutti possiamo investire i nostri soldi in progetti a favore delle persone e dell’ambiente.
Le lezioni sono a cura di Andrea Baranes, vice presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri, presidente di Etica SGR, Andrea Tracanzan, Responsabile Dipartimento Proposta di Finanza Etica, Claudia Vago, project manager di Valori.it e Domenico Villano, sociologo. In copertina: illustrazione di Andrea De Santis.
Non con i miei soldi! è realizzato in collaborazione con Fondazione Finanza Etica. ⌋
⌈ Grip-lit – Un genere letterario composto da thriller psicologici, generalmente con protagoniste femminili e ambientazioni domestiche
Tratto dal McMillan Dictionary ⌋
Grip lit o domestic thriller?
Prima di avventurarmi nella scrittura di questo articolo volevo fornire a voi un elenco (semi) ragionato di tutti i generi letterari fin qui esistenti: da subito mi sono accorta che poteva essere un’impresa titanica, direi impossibile, per cui, se proprio non riuscite a tenere a frano la vostra curiosità vi rimando all’elenco stilato da Wikipedia.
Ovviamente tale elenco non è esaustivo perché ad esso si aggiungono altri generi e sottogeneri, in parte seguendo le mode correnti di cui la letteratura, sia quella considerata alta che quella un po’ più bassina, non è immune: in tal senso prevedo che nel prossimo futuro vi sarà un diluvio di romanzi o letture di genere legati al periodo pandemico che (purtroppo) viviamo in questi giorni.
Adesso guardate l’elenco seguente e ditemi cosa salta subito in evidenza:
La ragazza del treno (Paula Hawkins)
La ragazza nel parco (Alafair Burke)
La ragazza del passato (Amy Gentry)
La ragazza di prima (J.P. Delaney)
La ragazza in fuga (C.L. Taylor)
Esatto: la ragazza sembra essere la matrice per tanti titoli (nel contempo la poca fantasia dei nostri editori nel trovare qualcosa di più originale) a cui segue come variante quello di la donna (La donna senza passato; la donna nel buio; la donna nella pioggia: divertitevi a trovare da voi le autrici o gli autori corrispondenti).
Sono appunto le donne (ragazze o più anta nell’età) ad essere le protagoniste del filone grip lit o per meglio dire quello della domestic thriller in quanto queste ragazze (o donne in generale) sono mogli, madre, amanti o magari sorelle, per lo più già con loro problemi quali alcool o droga, a dover far fronte alle tensioni interne nei rapporti di coppia o familiari arrivando man mano a scoprire che il partner (marito, fidanzato o amante) ha qualcosa di tremendamente losco e pericoloso che fin lì ha nascosto e che sfocerà nella violenza fisica e/o psicologica ai danni della sventurata.
Questo denota già una differenza sostanziale con il giallo classico dove la sequenza nello sviluppo della trama è la seguente:
DELITTO ⇒ INCHIESTA ⇒ COLPEVOLE ( di solito non è il cameriere)
Per alcuni, non seguendo il canovaccio classico del giallo, la grip lit rientra nella categoria dei noir a sfondo psicologico.
Ma attenzione: queste donne (o ragazze) a loro volta sono soggetti borderline o dichiaratamente psicopatiche come la protagonista del bel film di David (Andrew Leo) FincherGone Girl(L’amore bugiardo – 2014) interpretato dalla brava (e si: anche bella) Rosamund Pike e dall’altrettanto bravo Ben Affleck che rimane, però in fondo alla classifica dei miei attori preferiti).
Il libro
Non so a quale genere appartenga Frammenti di leidella scrittrice statunitense Karin Slaughter(e di cui Netflix ne ha fatto una serie originale con protagonista l’attrice Toni Collette e che sarà presto visibile sul canale italiano) ma, avendone iniziato a leggere le prime pagine e non cestinandolo, penso che non mi deluderà.
A voi l’anteprima per un vostro personale giudizio.
⌈ Andrea sa tutto di sua madre Laura. Sa che non si è mai mossa da Belle Isle, una piccola cittadina sulla costa della Georgia; sa che non ha mai desiderato altro che diventare un pilastro della comunità in cui vive; sa che non ha mai avuto segreti e che desidera una vita tranquilla. Dopo tutto è sua madre, e lei la conosce bene…
Poi, un giorno, mentre stanno pranzando nel fast food di un centro commerciale per festeggiare il trentunesimo compleanno di Andrea, si ritrovano coinvolte in una sparatoria. E allora tutto cambia.
All’improvviso Andrea scopre un aspetto di sua madre di cui non sospettava l’esistenza e a poco a poco si rende conto che Laura, prima di essere Laura, era un’altra persona. Ha nascosto la sua vera identità per quasi trent’anni e ha vissuto nell’ombra sperando che nessuno la trovasse. E adesso che quell’incidente ha attirato su di lei l’attenzione dei media, niente potrà più essere come prima.
La polizia vuole delle risposte e mette in discussione l’innocenza di Laura, ma lei non vuole parlare con nessuno, nemmeno con sua figlia. E ad Andrea non resta che iniziare un viaggio disperato, per ricostruire frammento dopo frammento il passato di sua madre. Sapendo che se non riuscirà a svelare i segreti che per così tanto tempo sono rimasti nascosti non ci potrà essere futuro per nessuna delle due…⌋
Quando scrissi l’articolo sulla nascita dell’algoritmo di compressione mp3 e di come per la campionatura venne utilizzato la canzone Tom’s Diner della cantautrice Suzanne Vega ( ⇒MP3 contro Alta fedeltà (ma sempre a pagamento)⇐) cercavo un immagine che desse l’idea della malinconica solitudine di una donna seduta al tavolino di una tavola calda in una fredda mattina di pioggia.
Edward Hopper mi venne in aiuto con la sua opera Automat, dipinta nel 1927 in occasione del giorno di San Valentino ed esposta durante la seconda esposizione personale del pittore presso la Rehn Galleries di New York (quadro venduto nel mese di aprile dello stesso anno per 1.200 dollari).
Chi invece è stato ispirato direttamente dalle tele di Hopper per elaborare delle liriche fu il poeta di origine canadese, saggista e traduttore, nonché vincitore del premio Pulitzer, Mark Strand(Summerside 11 aprile 1934 – New York, 29 novembre 2014) il quale, attraverso le sue parole, aiuta il lettore a entrare metaforicamente nei quadri del pittore vivendone quella malinconica solitudine di cui ho accennato prima.
Da questa performance del poeta è stato pubblicato il libro Edward Hopper. Un poeta legge un pittore (anteprima alla fine dell’articolo)
Edward Hopper, una biografia breve, anzi brevissima
Edward Hopper nel 1937
Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – New York, 15 maggio 1967) ebbe la fortuna di avere genitori molto aperti riguardo al futuro del proprio figlio, infatti, pur essendo titolari di un negozio di tessuti con ottima clientela, scoprendo che Edward sin da bambino aveva una spiccata attitudine nel disegno, lo incoraggiarono a proseguire su questa strada.
Nel 1900, all’età di diciotto anni, frequenta la New York School of Art diretta da un seguace dell’impressionismo europeo e cioèWilliam Merritt Chase.
Fu lo stesso Chase a farlo incontrare con il titolare del corso di pittura Robert Henri, sostenitore del realismo e figura importante della Ashcan School ,
Nel 1906 Hopper arriva a Parigi restandovi due anni, dopodiché, affascinato dalle opere degli impressionisti e dei poeti simbolisti, partecipa alla sua prima mostra collettiva organizzata da Robert Henrinell’Upper East Side di Manhattan.
I critici furono molto severi con lui non prendendo in considerazione il suo dipinto, per tanto e per poter sopravvivere, si impiegò in qualità di illustratore pubblicitario presso la C.C. Phillips & Company fino al 1925, non amando questo tipo di lavoro, in un’intervista rilasciata dieci anni dopo al quotidiano New York Post, dichiarò che.
⌈Sono stato sempre molto attratto dall’architettura, ma i direttori dei giornali vogliono solo gente che muova le braccia⌋
Fu un appassionato francofilo e, complice il fatto di aver soggiornato più volte a Parigi e di riuscire a parlare molto bene il francese, lesse i classici in lingua originale ma è ritornando negli Stati Unti che iniziò a elaborare il suo particolare stile nelle immagini urbane di un’America quotidiana fatta di binari delle ferrovie, case coloniche, distributori di benzina, drugstore, negozi con vetrine illuminate, camere dove compaiono al massimo due figure: il tutto in un’atmosfera che in molti (compresa me) giudicano metafisica e che altri si spingono a considerarla come precursore della Pop art
Il suo successo, comunque, arrivò nel 1924, quando alcuni suoi acquarelli esposti a Gloucester nella galleria di Frank Rehn ebbero un deciso successo di critica e pubblico.
Nello stesso anno un’altra soddisfazione si aggiunse alla precedente, questa volta si trattò però di soddisfazione sentimentale in quanto sposò Josephine Verstille Nivison , anch’essa allieva di Robert Henri e pittrice che si firmava con lo pseudonimo di Jo Hopper, la quale divenne l’unica modella che Edward Hopper utilizzò per ritrarre i personaggi femminili dei suoi quadri.
Da questo punto in poi è una continua ascesa verso il successo, tanto da avere i suoi quadri facenti parte di collezioni permanenti come, ad esempio, al MoMa di New York.
Edward hopper morì all’età di 84 anni nel suo studio al centro di New York
Un quadro per il regista
Edward Hopper- House by the railroad (1925)
La casa dipinta nel 1925 da Edward Hopper servì ad Alfred Hitchcock come modello della casa maledetta nel film Psyco (ho scritto del film e del suo regista in questo articolo ⇒Alfred Hitchcock: da Psycho a Genova in mostra⇐).
Lo stesso quadro venne donata dal collezionista Stephen C.Clark al MoMa di New York.
Anteprima del libro Edward Hopper. Un poeta legge un pittore
Ricordandovi che la mostra Edward Hopper. Uno sguardo nuovo sul paesaggiopresso la Fondation Beyeler di Basilea è stata anticipatamente chiusa per via dell’emergenza coronavirus, concludo questo articolo con l’anteprima del libro di Mark Strand
⌈ Alla TV un investigatore si riconosce subito, non si toglie mai il cappello
Raymond Chandler ⌋
Stuart Kaminsky e i suoi fan
Ho scoperto di avere avuto due cose in comune con Gianni Mura: la prima è che sia lui che io alle automobili di nostra proprietà abbiamo sempre dato il nome di Carlotta.
La seconda è che al bravo giornalista come alla un po’ meno brava blogger (ma si tratta solo di falsa modestia) piacciono molto i gialli di Stuart Kaminsky, soprattutto quelli con protagonista lo scalcinato investigatore privato Toby Peters.
Immaginando del perché ho voluto dare il nome di Carlotta al mio mezzo di locomozione (euro 4 a benzina, Greta non ti arrabbiare) vi interessi quanto il problema delle acciughe in Perù, continuerò parlandovi del giallista e sceneggiatore Stuart Kaminsky.
Ho poco da scrivere e voi poco da leggere
Stuart Kaminsky
Una volta, c’erano i Gialli Mondadori: non che non vi siano più, tutt’altro, ma appunto una volta il nome Giallo della collana veniva immediatamente associato a un genere letterario e cinematografico.
Poi arrivarono i thriller, i legal – thriller, i medical thriller e (forse) gli horror – thriller a scolorire un po’ il Giallo.
Ad essere sincera per distrarmi (e appassionarmi) sono portata più alla lettura di romanzi di fantascienza o fantasy (Harry Porter rimane il mio mito) ma quel giorno che, girovagando tra le bancarelle dei libri usati (in piazza Colombo, a Genova), per un chissà cosa decisi di acquistare il mio primo Stuart Kaminsky con Toby Peters (si trattava di Una pallottola per Errol Flynn, mentre alla fine dell’articolo troverete l’anteprima di Giocarsi la pelle).
La particolarità di questi racconti è quella di essere ambientata nella Hollywood degli Anni ’40 dove Toby Peters si ritrova a risolvere casi dove vengono coinvolti in prima persona celebrità quali Peter Lorre, i Fratelli Marx, Bela Lugosi, Errol Flynn, Mae West e tanti altri.
Stuart Kaminsky (Chicago (?), 29 settembre 1934 – St.Louis 9 ottobre 2009) al suo attivo non aveva solo il personaggio dell’investigatore americano, ma anche quello russo Porfirij Rostnikov, nonchè sceneggiatore di film quali Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo di Don Siegel , C’era una volta in America diretto dal nostro Sergio Leone, oltre alcune puntate della serie televisiva C.S.I. New York.
Ritornando ai racconti ambientati nella Hollywood Anni ’40, la bravura di Stuart Kaminsky nello scrivere con sottile humor e accurata ambientazione riferita all’epoca, gli era derivata dal fatto di essersi diplomato in cinematografia e, conseguentemente, insegnare Storia del cinema presso l’Università dell’Illinois.
Per concludere, volendo dare un volto allo squinternato Toby Peters, ho sempre pensato a una interpretazione data dal’indimenticabile Peter Falk
Non mi resta che lasciarvi all’anteprima di Giocarsi la pelle
Giocarsi la pelle(anteprima)
Un orecchio mozzato in una scatola è un messaggio chiaro.
Significa che il mittente fa sul serio. Il destinatario è il comico hollywoodiano Chico Marx, minacciato da un misterioso creditore che pretende la restituzione di un prestito di gioco. Se non paga, gli taglieranno le dita.
Per proteggere il suo artista la MGM ingaggia Toby Peters, detective privato con una predilezione per il mondo del cinema. La sua prima mossa? Tastare il terreno negli ambienti della criminalità organizzata, magari qualcuno è al corrente del fantomatico debito. Mossa intelligente ma rischiosa, perché quelli che potrebbero dargli qualche informazione vengono uccisi uno dopo l’altro.
E il prossimo a rimetterci un orecchio o anche tutta la testa potrebbe essere proprio lui.
⌈ Oggi è umido e piove, la mia famiglia è fuori casa e sono in biblioteca da solo che rileggo vecchie lettere e scartoffie ammuffite e ripenso al passato; la disposizione d’animo giusta, quindi, per raccontarti una storia…
Tratto da La signora di Wildfell Hall di Anne Brontë ⌋
Anne Brontë, Amid the Brave and the strong
Non è perché sono vittima di un’improvvisa forma di anglofilia per cui ho voluto tradurre dall’italiano il titolo dell’articolo, ma semplicemente per il fatto che esso è quello originale di una mostra che il Brontë Parsonage Museum dedica alla più piccole delle tre sorelle scrittrici , mostra che attualmente non è visitabile per la pandemia corrente ma che, essendo programmata fino al 1°gennaio 2021, lascia sperare che fino ad allora le cose siano cambiate in meglio.
Le tre sorelle Anne, Emily e Charlotte Brontë ritratte dal fratello Patrick Branwell
Anne Brontë (Thornton, 17 gennaio 1820 – Scarborough, 28 maggio 1849) oltre a Emily e Charlotte aveva altre due sorelle più grandi, Maria ed Elisabeth, che però morirono di tubercolosi quando lei aveva cinque anni.
Se si può dire che sfortuna o disgrazia siano le maledizioni di una famiglia, certo che quella di Anne potrebbe esserne un esempio: sua madre, Maria Branwell Brontë, morì il 15 settembre 1821 e cioè un anno dopo la nascita di Anne, il fratello Patrick nel 1848 per bronchite (ma il suo fisico era già devastato dall’abuso di alcol, oppio e laudano), nello stesso anno subì la perdita della sorella Emily malata di tubercolosi e, per termine questo lungo elenco mortifero, Charlotte, l’unica sopravvissuta delle sorelle, a causa delle complicazioni per un parto morì il 31 marzo 1855.
La signora di Wildfell Hall
Il perché del fatto che il romanzo di Anne La signora di Wildfell Hall (in originale The Tenant of Wildfell Hall ) abbia avuto scarsa considerazione dalla critica di allora, ma soprattutto a pesare in questo è il giudizio negativo della sorella Charlotte, è da attribuire a due fattori:
Il primo è che nel romanzo viene utilizzato un linguaggio molto esplicito, con descrizioni di brutalità e alcolismo, oltre al fatto che, cosa ancora più scandalosa per l’epoca, la protagonista si ribella alle convenzioni sociali rivendicando la propria indipendenza (d’altronde la morale che vuole la donna un passo indietro rispetto all’uomo è stata ribadita da un noto presentatore televisivo durante una recente manifestazione canora: si, proprio quella).
Non dimentichiamo, inoltre, che le tre sorelle scrittrici per vedere i loro libri pubblicati ed evitare così pregiudizi dovettero utilizzare nomi maschili: Currer Bell fu quello utilizzato da Charlotte, Ellis Bell quello di Emily e Acton Bell quello di Anne.
Il secondo motivo, molto più familiare e che Charlotte ritenne deplorevole, è che la figura negativa maschile aveva come modello la vita dissoluta del fratello Patrick.
A conclusione di questo mio articolo scritto con passione da blogger ma allo stesso tempo con lo stato d’animo di una confinata nella propria abitazione (come qualche decina di milioni di miei concittadini, tra cui voi), troverete l’anteprima de La signora di Wildfell Halldi Anne Brontë.
Anteprima
Chi è l’affascinate signora nero vestita che si è installata nella decrepita, isolata residenza di Wildfell Hall?
Quella donna sola, che vive con un bambino e un’anziana domestica, sarà davvero la giovane vedova che dice di essere?
Helen Graham è estremamente riservata e il suo passato è avvolto in un fitto mistero. Fa il possibile per ridurre al minimo i contatti con i suoi vicini, a costo di apparire scostante e ombrosa, e trascorre le giornate dipingendo e prendendosi cura – fin troppo amorevolmente, dice qualcuno – del piccolo Arthur. Ma Gilbert Markham, giovane gentiluomo di campagna tutto dedito ai suoi terreni e al corteggiamento di fanciulle tanto graziose quanto superficiali, è subito punto da una viva curiosità per quella donna che lo tratta con insolita freddezza.
Il comportamento schivo di Helen suscita presto voci e pettegolezzi maligni e lo stesso Gilbert, che pure è riuscito a stringere una bella e intensa amicizia con lei, è portato a sospettare. Solo quando la donna gli consegnerà il proprio diario emergeranno i dettagli del disastroso passato che si è lasciata alle spalle.
⌈ La nebbia copriva la terra. il bagliore dei fanali delle automobili rimbalzava sui fili dell’alta tensione che correvano lungo la strada.
Non aveva piovuto ma all’alba il terreno era umido e, quando si accendeva il semaforo, sull’asfalto si spandeva un alone rossastro
Tratto dal romanzo Vita e destino di Vasilij Grossman⌉
Destino (e censura) di un romanzo
Quando Vasilij Semënovič Grossman scrisse nel 1959 quello che viene considerato uno dei più famosi romanzi della letteratura russa del 20° secolo, Vita e destino, non avrebbe certo immaginato che l’allora KGB l’anno seguente avrebbe sequestrato sia il manoscritto originale che tutte le copie dattiloscritte.
Il perché di tale accanimento era motivato, secondo la logica poliziesca del regime, dal fatto che il romanzo poteva arrecare un danno d’immagine all’URSS.
Ambientato durante la Seconda guerra mondiale nel periodo della Battaglia di Stalingrado, Grossman fa trasparire dando voce ai suoi personaggi una certa similitudine del regime sovietico, sotto la dittatura di Stalin, con quello hitleriano.
Meno credibile è la storia per cui il sequestro venne ordinato da Nikita Sergeevič Chruščëv per una semplice vendetta in quanto lo scrittore (ricordo che era anche un giornalista) si rifiutò di fare un’intervista quando questi era commissario capo del partito per le operazioni di guerra durante la campagna di Stalingrado.
Vasilij Grossman fu corrispondente di guerra per l’Armata Rossa trascorrendo tre anni in prima linea, descrivendo in maniera essenziale (ma anche straziante) tutto ciò che i suoi occhi vedevano.
Uno dei suoi più famosi reportage, la liberazione del lager di Treblinka, fu usato come prova durante il Processo di Norimberga.
Ritornando al romanzo Vita e destino, Grossman ebbe comunque la prontezza di consegnare poco prima del sequestro una copia dattiloscritta al suo amico e scrittore Semen Lipkin il quale la nascose nella sua dacia a Peredelkino.
Nel 1974, dieci anni dopo la morte di Grossman per tumore, Lipkin porterà clandestinamente la copia microfilmata in occidente consegnandola nelle mani della ricercatrice Rosemarie Ziegler la quale, arrivata a Parigi, a sua volta li passò al critico Efir Etkind
Questa, che sembrava essere una corsa con il passaggio di testimone, fu vana: nessuno degli editori francesi si sentì di pubblicare il romanzo.
Allora Etkind pensò di rivolgersi all’editore di origine serba Vladimir Dimitrijevic a Losanna in Svizzera: questa fu la volta decisiva perché nel 1980, a sedici anni dalla morte di Grossman, Vita e destino venne finalmente pubblicato.
Nel 1990 anche in Russia il libro fu dato alle stampe.
Anteprima di Vita e destino
Oggi tocca a me pubblicare l’anteprima di questo romanzo