Adoreremo le immagini proposte dai media e saranno queste a definire la nostra personalità.
Gli idoli elettronici ci sembreranno più veri del vero perché la realtà sarà interamente definita in base alle nostre percezioni.
Dalla prefazione del romanzo Aidoru di William Gibson
Il primo vagito
Le persone che sono nate il 30 aprile 1986 oggi hanno quasi trentatré anni, ma non è del loro primo vagito di cui voglio parlare.
Sono certa che pensando a quel fatidico aprile del 1986, precisamente al 26 aprile, viene in mente la maionese impazzita della centrale nucleare di Chernobyl con tutte le conseguenze del dopo.
Ma non è questo di cui vi voglio parlare.
Il 30 aprile 1986 a Pisa, precisamente in via santa Maria presso la sede del CNUCE (Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico) partì il primo messaggio che avrebbe collegato l’Italia a quella grande rete informatica che prenderà il nome di Internet.
Posso immaginare che ai Millennials, abituati all’utilizzo delle tecnologie e sempre interconnessi, questa notizia possa essere utile quanto sapere del perché della crisi delle acciughe in Perù, per tutti gli altri, cioè voi, se avete voglia seguitemi leggendo il resto dell’articolo (o post se preferite).
Una precisazione sul termine Millennials: in Italia siamo abituati a considerare questa generazione come i nati nell’anno 2000 e dopo tale data.
In effetti la generazione Y, appunto i Millennials è quella dei nati fra l’inizio degli anni ’80 e la fine degli anni ’90.
La caratteristica che li contraddistingue dalla generazione precedente è quella di avere una maggiore familiarità con le tecnologie digitali.
Io, ad esempio, che sono nata il****** (vi piacerebbe saperlo!) e quindi BLABLABLA…
Dunque: questo primo segnale parte dalla sede del CNUCE e, attraverso un cavo telefonico, arriva alla stazione di Frascati dell’ Italcable (la concessionaria per l’Italia che gestiva i servizi di telecomunicazioni internazionali fino al 1994 quando divenne parte della Telecom), da qui il segnale venne inviato a Fucino(Abruzzo) dove un’antenna di Telespazio lo fece rimbalzare a sua volta nello spazio verso il satellite Intelsat IV e, finalmente, raccolto dalla stazione satellitare del Comcast in Pennsylvania: in pratica era il primo collegamento di un ente italiano con quella rete di computer che allora si chiamava Arpanet.
Cosa c’era scritto in quel messaggio, cioè in quel primo vagito?
Semplicemente PING a cui seguì un’altrettanta semplice risposta americana: OK.
Uomini e protocolli
All’inizio non esisteva un’unica rete ma esistevano diverse reti con un proprio linguaggio che impediva ad esse di interconnettersi, per questo motivo nel 1972 Vinton Gray Cerfe Robert Kahn unirono le loro conoscenze per progettare un linguaggio comune a tutte le macchine (computer) collegate in rete: il protocollo di Internet TCP/IP (Pdf)
Nel 2005 il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha insignito i due ricercatori del riconoscimento Presidential Medal of Freedom la più alta delle onorificenze americane
A questo punto, risalendo indietro nel tempo e cioè nel 1971, non posso non citare Ray Tomlinson(Amsterdam, 23 aprile 1941 – Lincoln, 5 marzo 2016) inventore della posta elettronica (la mail di uso comune)
E gli italiani?
Non mi sono assolutamente dimenticata di loro e per questo cito i nostri due pionieri della rete e cioè Luciano Lenzini e Stefano Trumpy
Conclusione
Oggi è il compleanno di Facebook, infatti il social – network per antonomasia è nato il 4 febbraio 2004.
Nessuno, da quel giorno di aprile del 1986, poteva immaginare cosa sarebbe diventata la rete con l’ingresso di protagonisti del calibro di Facebook (e Instagram), Google, Amazon e altre società che diventano sempre più grandi (quasi come degli stati) commerciando per mezzo di intrusioni nella nostra privacy.
Siamo più liberi, oppure prigionieri di un mondo virtuale in cui predomina il chiudersi in un recinto dove condividiamo le nostre idee solo con gruppi di persone che la pensano come noi tralasciando, quindi, il confronto.
La rete che conosciamo oggi non è quella pensata dai suoi padri, cioè la trasmissione del sapere in maniera democratica: fake news, odio, razzismo sono i temi che dominano nelle chat e nei social.
Forse sarebbe il caso di ritornare indietro e ripensare a quello che la rete doveva essere.
Isaac Asimov (Petroviči, 2 gennaio 1920 – New York, 6 aprile 1992) celebre e prolifico scrittore di science – fiction, nonché biochimico e divulgatore scientifico, aveva pensato sino dall’inizio degli anni ’40 che la tecnologia si sarebbe sviluppata a tal punto da creare macchine intelligenti (robot) al servizio dell’umanità e che le stesse avrebbero dovuto obbedire alle tre leggi fondamentali della robotica, e cioè:
⇒ Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno
⇒ Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge
⇒ Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge
Non da subito le tre leggi della robotica entrarono a far parte dei racconti di Asimov, bisognerà aspettare il racconto Reason (pubblicato in Italia nel 1963 con il titolo Seconda ragione) incluso nell’antologia Io robot.
Dalla voce dello stesso Isaac Asimov la spiegazione delle tre leggi (in lingua originale)
Dunque sono passati quasi ottant’anni dall’enunciazione dei tre principi per regolare la vita dei robot ma se nel 1940 esse erano relegate alla pura fantascienza, oggi già assistiamo all’ingresso di macchine intelligenti nei processi produttivi e nel futuro prossimo la loro presenza sarà ancor più invasiva (per i catastrofisti ad ogni costo ciò comporterà problematiche sociali per via del fatto che l’uomo sarà sostituito totalmente dalle macchine in ogni lavoro).
Ed è per questo che David Woods e Robin Murphy (il primo ingegnere presso l’Ohio State University, il secondo lo è presso la Texas A&M University) hanno proposto una modifica alle tre leggi della robotica di Asimov adattandole ad un possibile scenario di vita reale futura:
⇒ Un essere umano non può utilizzare un robot senza che il sistema di lavoro uomo-robot raggiunga i più alti livelli legali e professionali di sicurezza ed etica.
⇒ Un robot deve rispondere agli esseri umani in modo appropriato al loro ruolo
⇒ Un robot deve essere dotato di autonomia sufficiente per proteggere la propria esistenza a condizione che tale protezione fornisca un graduale trasferimento di controllo che non sia in conflitto con la Prima e con la Seconda Legge
Ritornando alla fantascienza: due autori per due racconti
Molto prima che Arnold Schwarzenegger sfoggiasse il suo carico di muscoli interpretando il Terminator di James Cameron (1984) lo scrittore americano John Stewart Williamson (Bisbee, 29 aprile 1908 – Portales, 10 novembre 2006), meglio conosciuto con lo pseudonimo di Jack Williamson, pubblicò nel 1947 il romanzo The Humanoids (Gli Umanoidi nella collana Urania della Mondadori il 1 settembre 1955)
Fra più di diecimila anni , in un lontano pianeta che l’uomo ha conquistato da tanto tempo da dimenticarsi della Madre Terra, sta per scoppiare una spaventosa guerra scatenata dalle Potenze Triplanetarie. Il grande scienziato Clay Forester, scopritore della rhodomagnetica, sta febbrilmente mettendo a punto i suoi potenti missili, arma segreta capace di far deflagrare un pianeta quando cominciano a succedere cose strane. entra in scena Jane, misteriosa trovatella che compare e scompare in modo inesplicabile e la sua venuta dà l’avvio alla strana allucinante, interessantissima vicenda, interpretati da personaggi d’eccezione: il sorridente ed enigmatico Ironsmith, il gigantesco White con la sua banda di stravaganti straccioni, la dolce Ruth, e, soprattutto, gli Umanoidi, automi perfetti creati per Servire e ubbidire e Proteggere l’uomo dal male. ma Clay Forester non vuole questi eccezionali schiavi che, secondo il suo parere, fanno dell’uomo una marionetta…..
In effetti, a differenza del letale Terminator, gli Umanoidi di Jack Williamson si adoperano affinché nessun uomo possa modificare la loro direttiva primaria: servire la razza umana proteggendola.
Ma, in un certo senso, è proprio proteggendo che gli umanoidi schiavizzano i loro creatori: all’essere umano on viene più concesso di agire secondo coscienza ma posti in una soporosa bambagia.
Il tema del controllo degli umanoidi sull’uomo, paradossalmente applicato a fin di bene per proteggerlo, viene ripreso da Jack Williamson ventisette anni dopo nel seguito che avrà come (per nulla fantasioso) titolo Il ritorno degli Umanoidi (pubblicato dalla Mondadori – Urania il 2 maggio 1982)
Del secondo libro, piuttosto un’antologia, è talmente famoso che vi rimando direttamente alla sua anteprima…
La verità è che il mio robot-scrittore ha esaurito la sua energia e devo metterlo sotto carica
Percepire le cose attraverso il tatto ha un suo nome scientifico e cioè percezione aptica.
La percezione aptica è il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto. La percezione aptica deriva dalla combinazione tra la percezione tattile data dagli oggetti sulla superficie della pelle e la propriocezione che deriva dalla posizione della mano rispetto all’oggetto (definizione tratta da Wikipedia)
Quanti di voi lo sapevano già?
Questo non lo saprò mai. ma posso confessare che per me percezione aptica aveva lo stesso valore riguardo la mia conoscenza della lingua Klingon(Star Trek docet): ancora oggi non parlo la lingua Klingon, ma, grazie alla segnalazione di un amico, conosco cosa s’intende per percezione aptica e cosa si può fare per aiutare coloro che hanno bisogno del tatto per leggere.
Utilizzando il traduttore italiano – klingon (giuro che esiste) vi voglio dedicare questa frase :
HItlha’ Suvmo’ ghIlDeSten je ‘e’ qaS jaj SoHvaD je pIq vItul
Non essendo però sicura di una traduzione in italiano corretta (e volendo evitare malintesi) lascio tutto alla vostra fantasia.
Un aiuto ai non vedenti per la lettura dei libri
Gemma Carolina Bettelani
La giovane (e bella) ragazza nella foto si chiama Gemma Carolina Bettelani, ha ventisei anni ed è nata a Sarzana.
Quest’anno si è aggiudicata un premio, sotto forma di finanziamento al progetto, nel programma Innovation in Haptic Research per il dispositivo da lei progettato e chiamato Readable .
Per spiegare in cosa consiste Readable preferisco che siano le parole della stessa ricercatrice a dircelo:
“Nel mondo ci sono 285 milioni di persone ipovedenti, di cui 39 milioni non vedenti – afferma Gemma Bettelani-. La qualità della loro vita dipende anche dall’avere accesso a contenuti testuali e grafici usando altri sensi, per esempio l’udito e il tatto. I dispositivi Braille meccanici fino ad ora prodotti spesso non hanno più di una riga, a causa degli alti costi di produzione. sono dispositivi in grado di cambiare dinamicamente le lettere, ma non riescono a convogliare molta informazione per volta.
Il mio progetto ambisce a superare queste limitazioni, creando una tavoletta a più righe, semplice e low-cost, in cui i caratteri braille vengono attuati da un magnete che li fa andare su e giù ricevendo corrente. In questo modo è possibile cambiare le lettere braille in modo dinamico, e potenzialmente leggere su una sola tavoletta interi libri“
Se volete approfondire l’argomento vi rimando alla pagina dedicata del Centro di Ricerca E. Piaggio.
La colonna sonora per le tue letture (oper Le storie che non conosci)
Nel 2015 Samuele Bersani, insieme al cantautore Pacifico e con il cameo di Francesco Guccini, realizzò Le storie che non conosci in occasione del progetto nazionale #ioleggoperchè per la promozione del libro e della lettura organizzato dall’AIE (Associazione Italiana Editori)
Vi confesso che il brano è talmente bello che ogni volta che lo ascolto devo correre a leggere un libro…come adesso.
Avrei dovuto continuare la frase aggiungendo mai quando si deve perché da come si vede e si sente nel nostro Paese si legge ancora poco (ma si scrive tanto sui social..).
In effetti quello che volevo dire non era tanto rivolto al leggere in se stesso, piuttosto al supporto utilizzato per rendere le parole lettura.
Escludendo di leggere ancora sulle tavolette di argilla o su papiro, oggi fondamentalmente abbiamo due possibilità: il caro (mai) vecchio libro e il reader – book.
Già sento voci in lontananza che dicono mai e poi mai il libro di carta verrà soppiantato dal digitale, perché con il libro si sente l’odore della stampa (?), si possono sottolineare le parole, possiamo aggiungere i nostri pensieri (possibilmente a matita se vogliamo cancellare in seguito qualcosa di indicibile) e, aggiungo io, se si tratta di un librone lo si può usare sempre come arma di difesa.
Per quanto mi riguarda la mia predilezione è per la carta stampata, ma riconosco la praticità di avere in viaggio con me tanti libri in quella tavoletta elettronica.
Dal formato Pdf a al formato AZW
Un paio di giorni fa ho ricevuto in dono tre libri nel formato digitale con estensione .pdf (il donatore è…..non ve lo dirò mai).
Il problema mi si è presentato volendo trasferire i tre libri sul mio kindle e, naturalmente, che fossero anche leggibili.
Scartabellando in rete ho capito che per prima cosa avrei dovuto trasformare il mio Pdf nel formato proprietario Amazon con estensione .AWZ (per gli altri formati vi rimando alla pagina creata dal so tutto io che di nome fa Salvatore Aranzulla).
A questo punto era necessario utilizzare un qualcosa che mi avrebbe aiutata nell’operazione, questo qualcosa è il software (free open source) Calibre.
In 3 piccoli passi
Una volta che abbiamo scaricato ed installato il software ci apparirà la schermata visibile nella figura 1.
Figura 1
Da aggiungi libri (primo pulsante a destra dalla barra degli strumenti) andiamo a cercare sul nostro computer il file a cui vogliamo cambiare l’estensione.
Una volta fatto clicchiamo su converti libri (terzo pulsante a destra) e avremo l’apertura di una seconda finestra (figura 2)
figura 2
Da come si può vedere dall’immagine i formati per i quali possiamo operare una trasformazione sono molteplici: nel mio caso ho scelto l’AZW3
Una volta conclusa l’operazione di codifica (il tempo dipende da quanto è pesante il nostro file) andiamo a cercare l‘ebook con estensione .AZW sul nostro computer: è semplicissimo perché basta andare nella colonna di sinistra di Calibre e cliccare su percorso.
Non ci resta che prendere il nostro Kindle e, tramite cavetto USB, connetterlo al computer aprendo la schermata visibile nella figura 3
Figura 3
La cartella che ci interessa è quella denominata Documents: in essa dobbiamo copiare il file per poterlo poi leggere sul nostro Kindle.
Purtroppo, almeno nel mio caso, la formattazione del testo non è uguale a quello di un Pdf, ma è comunque leggibile.
Sfruttando tutto ciò che può essermi di aiuto per la costruzione e la funzionalità del mio blog (possibilmente in maniera gratuita), sto provando a costruire delle storie utilizzando servizi come Sway della Microsoft.
La funzione di Sway è quella di essere uno strumento (o App) finalizzato alla realizzazione di presentazioni visualmente accattivanti , dagli albi di fotografie o il racconto di storie personali e tanto altro ancora, il tutto visibile a chiunque senza limitazioni.
A questo punto non mi resta che indicarvi questa pagina della Microsoft tutte le informazioni a riguardo di Sway.
Per la mia prima storia (spero che non sia l’ultima) utilizzando l’app, ho scelto un argomento al limite degli X-Files (bellissima serie di fantascienza di cui un giorno vorrei parlarne) e cioè: Il mistero del lago di Vostok
Mi farebbe piacere se qualcuno di voi mi dicesse se la cosa può funzionare (grazie).
Domani inizia un weekend lungo quindi arrivederci a lunedì
Fra tutte le Giornate Mondiali dedicate a questo o a quell’altro tema, mi sono persa la Giornata mondiale del sonno che cade il 17 di marzo di ogni anno.
Di preciso cosa si fa durante la Giornata mondiale del sonno? Restiamo tutto il giorno a letto oppure si festeggia con pigiama party dedicati agli adulti?
In ogni caso spero che a nessuno venga in mente di creare la Giornata mondiale dell’insonnia .
Per quanto mi riguarda dormendo le otto ore di prassi (per meno rischio di attivare la modalità zombie per il resto della giornata ) posso essere anche tranquilla sulla sua qualità.
Quindi, ritenendomi fortunata, non avrebbe nessun senso per me affidarmi allo sleep tracker di uno smartband come quello nell’immagine accanto.
Eppure, pur essendo in molti a farne uso, vi è il rischio per alcuni di incorrere nell’ortosonnia : la nuova ossessione (un’altra!?) legata alla ricerca del sonno perfetto monitorato da uno sleep tracker (vedi anche l’articolo di Wired….ma poi ritorna qui!).
L’ossessione del controllo
Per un paio di giorni mi ero arresa: avevo attivato sul mio smartphone l‘applicazione che mi avrebbe detto quanti passi avrei fatto in giornata, con quanta intensità e, conseguentemente, quante calorie avrei speso.
Come nella favola di Pinocchio anche in queste app vi è un saccente Grillo Parlante, il cui unico scopo è quello di insinuare in noi sensi di colpa se per un giorno invece di fare tre milioni di passi ne abbiamo fatto solo duemilioninovecentonavantonovemilanovecentonovantanove (dovrei averlo scritto giusto): appunto, dopo solo due giorni il mio Grillo Parlante mi aveva stufato e l’ho disinstallato.
Potrebbe sembrare il mio un caso di refrattarietà alla tecnologia, ma non è così: adoro tutto ciò che mi semplifica la vita, ma non ne voglio essere prigioniera.
L’AI (Artificial Intelligence) verosimilmente cambierà il nostro modo futuro di vivere e sono pienamente convinta che lo farà in maniera positiva.
Non sono pochi, però, quelli che pensano a questo futuro come uno scenario irrimediabilmente a tinte fosche (Terminator docet): Stephen Hawking era tra quelli che mettevano in guardia sui possibili problemi che le macchine provocheranno nella nostra società in un immediato domani, non il pericolo di robot-killer che danno la caccia all’uomo (appunto Terminator), ma sul fatto che esse sostituiranno sempre di più l’uomo nella catena della produttività creando disquilibri nella società, cioè aumenteranno le persone, le quali non avendo un lavoro, si troveranno nella povertà (vedi l’articolo de La Repubblica sui dubbi dello scienziato )
Giusto l’estate scorsa quando, programmando di arrivare nel campeggio di Seix ( cittadina nel Parco naturale regionale dei Pirenei dell’Ariége nella regione dell’Occitania ) nel tempo necessario per montare la tenda, un interminabile coda autostradale nei pressi di Montpellier ci fece ritardare di ben cinque ore l’orario di arrivo, cioè quando ormai la reception del campeggio era chiusa e comunque ormai notte per accamparsi.
Per fortuna esiste Booking e il TomTom
Scoraggiati e stanchi, si è sempre trattato di un viaggio di quasi ottocento chilometri più le ore incolonnati nell’ingorgo stradale, ci siamo affidati all’app di Booking.com per trovare e prenotare una sistemazione per la notte.
Escludendo alberghi a cinque stelle (troppo costosi per una sola notte), trovammo una sistemazione più che dignitosa presso l’albergo Cuulong (gestito da gentilissimi vietnamiti) a Labarthe – Inard a cinquanta chilometri di distanza da Seix: ma la nostra fedelissima Sylvie ci ha portato a destinazione come sempre.
Per la cronaca Sylvie è il nome dato al nostro TomTom che qualcuno di mia conoscenza ha deciso di dare allo strumento unicamente per quella voce dal tono melodiosamente femminile che fa da guida.
Eppure anche allora si viaggiava..
Non parlo dell’allora dei nostri nonni o dei nostri genitori, ma da quando lo smartphone dal semplice compito di far parlare le persone (appunto telefonare o al massimo mandare qualche sms) si è evoluto diventando il device che oggi conosciamo (mi piace la parola device..) con la miriade di app dedicate alla programmazione dei nostri viaggi.
Non solo praticità, ma anche la condivisione immediata della nostra esperienza con altri utenti che vogliono ripeterla o magari cercare solo informazioni.
Ed è qui che trovo una pecca in questo sistema: innanzitutto l’esperienza è individuale, cioè quello che può andare bene ad una persona può non essere l’ottimale per me (se a qualcuno piace dormire su di un letto di chiodi io continuo a preferire le doghe e un buon materasso…..oppure il sacco a pelo!).
Senza considerare poi le recensioni negative di coloro che, pur trovando il letto di chiodi, hanno da ridire sulla mancanza di ricezione dei canali digitali nella tv in camera (ma vai in ferie per guardare la televisione?).
Le nostre esperienze infine diventeranno dati per profilare la clientela, ad esempio la società proprietaria del motore di ricerca Kayak ha creato un Mobile Travel Report – Pdf – in cui fa un’attenta analisi dell’utilizzo dei dispositivi mobili per la ricerca e prenotazione dei viaggi.
Ma il cartaceo non è morto…
Le mappe e le carte escursionistiche sono queste che liberano la fantasia e l’immaginazione nella fase preparatoria di un viaggio, e non solo: avete mai provato a leggere un libro dedicato al viaggio, ma anche di semplice avventura, seguendo il tragitto con un’atlante accanto: vi giuro che è un di più assolutamente da provare.
Una carta escursionistica, infine, ha un’incolmabile vantaggio sul GPS: non si scarica mai (in mezzo ai sentieri è diffile trovare unapresa elettrica per ricaricare il nostro device.…vi ho già detto che mi piace la parola device?).
Alla prossima! Ciao, ciao……………
LIBRINVETRINA
Cosa possiamo leggere quest’estate al mare, sul fiume, al lago, in montagna o in collina?
Il dating (tradotto alcune volte in italiano come incontri) rappresenta l’attività di carattere sociale attraverso la quale due persone si danno la possibilità di valutare la loro idoneità come partner in una relazione sentimentale. Può essere inteso come una forma di corteggiamento ed è a volte visto come un precursore di fidanzamento o di matrimonio.
Ho rubato le parole a Wikipedia per dare una definizione più semplice possibile al concetto di dating che, in ultima analisi, non è altro che un incontro tra due persone le quali non si conoscono e che, dopo aver letto i rispettivi profili pubblicati su di un sito, decidono di approfondire la conoscenza en face à face (scusatemi, ma il francese mi piace così tanto..).
Cosa accadrà a queste due persone non lo sapremo mai e tanto meno deve interessarci: quello che mi domando, ammettendo di essere restia nel pubblicizzarmi su un qualsiasi sito d’incontri, è se sia intrinsecamente pericoloso fidarsi al cento per cento della persona con la quale entriamo in contatto.
Le statistiche dicono, comunque, che il 30 per cento delle relazioni nascono online attraverso le app di dating: un modo per far tacere la sottoscritta (un po’ spocchiosetta in questo caso) che ha considerato questo tipo di approccio come l’ultima spiaggia per cuori in solitudine.
Quindi il dating è un fenomeno di tutto rispetto assolutamente da non sottovalutare nelle dinamiche sociali, come quelle economiche perché il mercato generato è pari a quasi cinque miliardi di euro annui con possibilità di incremento enormi.
I competitors del settore (ma come parlo oggi!?) che si spartiscono questo ingente volume di denaro sono i soliti noti Tinder, Badoo, Meetic e altri che non sto ad elencare (tra non molto anche Facebook entrerà in partita).
Ma se ipoteticamente (ripeto ipoteticamente) dovessi cambiare idea a chi affidarmi?
Whitney Wolfe
A lei, perché donna, giovane, intelligente, bella e con un conto in banca che la sottoscritta pensa di non poter mai vedere (non si sa mai, però): Whitney Wolfe Herd già cofondatrice di Tinder, quindi una persona che conosce a fondo il settore, e imprenditrice da lungo tempo.
Bumbleè il suo nuovo progetto di social dating, con una particolarità: è la donna a compiere il primo passo nella conoscenza di un partner, cioè lei, dopo aver letto il profilo della persona, avrà ventiquattro ore di tempo per decidere se continuare nel dialogo in chat.
Sembra poco, ma non lo è considerando che fino ad adesso l’iniziativa nelle fasi preliminari dell’incontro era tarata sulle aspettative dell’uomo e non su quelle della donna.
Una sola cosa mi ha lasciato un po’ perplessa quando ho letto sul sito di Bumble questa parte di introduzione:
Bumble ha mosso i suoi primi passi nel mondo del dating, in aiuto di chi fosse alla ricerca della persona speciale. Da allora abbiamo sviluppato parecchio la nostra idea, introducendo una dimensione amicizia con Bumble BFF ed una professionale con Bumble Bizz. E non solo, abbiamo anche dato una bella shakerata a tanti luoghi comuni antiquati. Come? Per ogni affinità trovata con una persona del sesso diverso, sarà la donna a dover fare la prima mossa
Un’affinità con una persona del sesso diverso?
A priori questo sembrerebbe escludere le relazioni omosessuali (svista o politica aziendale)?
Alla prossima! Ciao, ciao……………
PLAYLIST
Cammino per la strada
prendo a calci le lattine
guardo il pannello per le affissioni
mi sono messo anche a correre
valutando le persone
verificando la razza
facendo quel che sto facendo
e sentendomi fuori luogo
camminando, camminando sotto la pioggia
mi sento come una donna
ma sembro un uomo
con l’idea di dire continuamente no,
lo faccio quando posso
fischiettando nel buio
splendendo nella luce
arrivo ad una conclusione:
chi ha potere può fare quel che vuole
entrate, voi buffoni
entrate, voi stupidi
sedetevi, no, no
orco, demoni
accendete questa luce, fantastico
muovete a ritmo di musica quei fianchi girevoli
arrivate ad una conclusione:
cucitevi le labbra!
I genovesi sempre a mugugnare su qualunque cosa e quindi si autocondannano all’infelicità?
Non è per nulla vero e la sorpresa (almeno da parte mia) non esce da un uovo di Pasqua in vendita a sottocosto, ma dalla ricerca dell’Università degli studi Milano attraverso il suo spin-off Voices from the blogs
Attraverso l’indice da loro sviluppato, iHappy, si sono analizzati i post di Twitter pubblicati dagli utenti italiani – tra essi Caterina Andemme, cioè la sottoscritta – stimando il loro relativo livello di felicità o tristezza quotidiana.
In quale maniera ci riescano è per me uno dei tanti misteri insondabili della vita, per cui non mi resta che linkare (guarda un po’ cosa ho imparato a scrivere) la pagina del sito di Voices from the blogsdove viene spiegato tutto per filo e per segno molto meglio di come potrei farlo io.
Se non vi accontentate della lettura della sola pagina direttamente dal sito e siete vittime del download compulsivo, è pronto per voi un ebook (in formato Pdf) pronto da scaricare.
Non ho detto una cosa molto importante: in questa ricerca Genova si piazza al Primo Posto come città più gioiosa, mentre Milano all’undicesimo posto e Torino al nono (il famoso triangolo, ormai penso ex, delle città industriali chiamato Ge.Mi.To.)
A questo punto vi domanderete quale sia la città classificata come ultima: non è nessuna città del sud, nessuna delle isole, ma….rullo di tamburi…..the loser is Aosta.
Alla prossima! Ciao, ciao…………….
PLAYLIST
Sono vulnerabile Ma non ti piaccio più? Stai scivolando via da me Stai allontanandoti da me
Sono vulnerabile Ma non ti piaccio più? Stai scivolando via da me Stai allontanandoti da me
Frenami Sta scappando via da me Sta scappando via da me Sta scappando via da me
Il testo tradotto in italiano per intero la trovate in questa pagina
Avete un partner (fidanzato. marito, amante) che è sempre iperconnesso, con la tendenza ad essere un po’ narcisista e paranoico?
Vi auguro proprio di no.
In caso contrario, se volete sbalordirlo con un regalo che vi costerà all’incirca una settantina di euro, ecco quella che potrebbe essere un’idea:
Quando mi hanno fatto vedere l’oggetto nell’immagine, chiedendomi cosa fosse, avrei dovuto capire subito che mi stavo cacciando in un trappola.
Li per lì ho subito detto che fosse un bracciale da indossare con sensori che, comunicando con lo smartphone, avrebbe tracciato le performance agonistiche del proprietario: dal battito cardiaco al consumo delle calorie – tra l’altro, a suo tempo, avevo scaricato un’app simile che dopo due giorni ho disinstallato perché mi procurava una certa apprensione – ridacchiando i malevoli mi dissero che si, la funzione pressappoco era quella, ma che per indossare quello che io consideravo un braccialetto bisognava cercare un altro luogo specifico dell’anatomia maschile.
i.Con, questo è il nome del gadget, è un preservativo intelligente (per quanto possa esserlo un profilattico) prodotto dalla British Condoms (una specie di Amazon dei preservativi).
La sua funzione, una volta posizionato lì, è quella di raccogliere diversi parametri quali: temperatura cutanea, il numero, la frequenza e la durata delle spinte durante il rapporto sessuale, la forza della spinta e il rilevamento delle posizioni utilizzate.
Tutti questi dati, attraverso un collegamento Bluetooth, vengono immediatamente trasmessi all’app dedicata sullo smartphone.
Come se tutto questo non bastasse, l’azienda ci assicura che possiamo condividere le nostre prestazioni con gli amici, o renderle note a tutto il mondo attraverso la formula dei social.
A questo punto, mi pare, che il ruolo della donna sia quello di essere paragonato ad un attrezzo ginnico quale può essere una semplice cyclette.
Niente paura: per noi donne esiste la possibilità di acquistare un set di palette con dei numeri scritti che vanno dalla zero fino al dieci: quando (e se) lui vi chiederà come si è comportato nel fare l’amore possiamo alzare la paletta con il giusto valore che gli vogliamo attribuire.
Alla prossima! Ciao, ciao……………..
LibriINVetrina
Fresco di quattro premi Oscar, oltre ad altri riconoscimenti vinti in altri festival del Cinema, La Forma dell’Acqua (The shape of the water) è anche il libro omonimo scritto dal regista Guillermo del Toro e dallo scrittore, anche regista, Daniel Kraus.
Baltimora, 1962. Al Centro di Ricerca Aerospaziale di Occam è stata appena consegnata la «risorsa» più delicata e preziosa che abbia mai ricevuto: un uomo anfibio, catturato in Amazzonia. Il suo arrivo segna anche l’inizio di un commovente rapporto tra la singolare creatura ed Elisa, una donna muta che lavora al centro come addetta alle pulizie e usa il linguaggio dei segni per comunicare. Immaginazione, paura e romanticismo si mescolano in una storia d’amore avvincente, arricchita dalle illustrazioni di James Jean.
Di seguito un’anteprima del libro offerta da Il Libraio.