Quell’anno la futura prima astronauta russa aveva appena sette anni e la Russia aveva ben altro a cui pensare che mandare una donna (o un uomo) nello spazio:
L’Operazione Barbarossa fu il nome in codice usato dalla Germania per l’invasione della Russia.
Il 22 giugno 1941 le truppe tedesche diedero inizio al più sanguinoso teatro bellico della Seconda guerra mondiale.
Nei quattro anni successivi all’invasione decine di milioni di militari e civili furono uccisi o patirono enormi sofferenze sia a causa delle cruenti battaglie che per le condizioni di vita estreme.
Ed è a questo punto che nella Storia (si, con la S maiuscola) si deve parlare del coraggio e della determinazione delle donne russe le quali non vedevano l’ora di scendere in battaglia per combattere il nemico.
Anche dal cielo.
Si dice che l’entourage prettamente maschile degli alti comandi dell’esercito russo avesse dei pregiudizi sulle donne pilota, cioè non le considerava idonee a pilotare aerei da combattimento.
Marina Raskova
Marina Raskova, maggiore delle forze aeree dell’URSS e membro del Soviet supremo, era dotata di forte carisma che utilizzò per convincere Stalin a creare reggimenti aerei con equipaggio completamente femminile.
Penso che JosephStalin non abbia dovuto faticare molto a concedere quanto richiesto da Marina Raskova perché l’ 8 ottobre 1941, cioè a soli quattro mesi dall’invasione, autorizzò la costituzione di tre reggimenti aerei femminili:
586^ caccia
587^ bombardieri
588^ bombardieri notturni sotto il comando del maggiore (nonché matematica e fisica) Irina Rakobolscaya.
Il 588^ reggimento era equipaggiato con biplani Polikarpov Po – 2 costruiti in legno e tela.
Erano dei biposto monomotore con doppi comandi originariamente destinati all’addestramento piloti: l’aereo non disponeva di nessuna strumentazione per il volo notturno e per il puntamento delle bombe, la navigazione avveniva esclusivamente utilizzando bussola, mappa e un cronometro.
Il 588° volò in missioni di bombardamento e di disturbo sino alla fine della guerra.
Il reggimento arrivò ad essere composto da 40 equipaggi (il cui nome di battaglia era Le Streghe della Notte), ognuno con due componenti. Le aviatrici del reggimento eseguirono oltre 23.000 missioni e sganciarono circa 3.000 t di bombe. Fu l’unità dell’Aviazione Sovietica femminile più decorata.
Trentuno donne appartenenti al 588^ reggimento morirono durante le missioni di combattimento.
Il libro
Affinché questa storia di eroismo femminile non andasse perduta ci ha pensato la giornalista Ritanna Armeni la quale, basandosi su l’intervista fatta a Irina Rakobolscaya (morta a 96 anni nel 2016), ha scritto il libro Una donna può tutto dove Le Streghe della Notte rivivono il loro eroismo.
Alla fine dell’articolo l’anteprima del libro.
Irina Rakobolskaya
Le chiamavano Streghe della notte. Nel 1941, un gruppo di ragazze sovietiche riesce a conquistare un ruolo di primo piano nella battaglia contro il Terzo Reich. Rifiutando ogni presenza maschile, su fragili ma agili biplani, mostrano l’audacia, il coraggio di una guerra che può avere anche il volto delle donne.
La loro battaglia comincia ben prima di alzarsi in volo e continua dopo la vittoria. Prende avvio nei corridoi del Cremlino, prosegue nei duri mesi di addestramento, esplode nei cieli del Caucaso, si conclude con l’ostinata riproposizione di una memoria che la Storia al maschile vorrebbe cancellare.
Il loro vero obiettivo è l’emancipazione, la parità a tutti i costi con gli uomini. Il loro nemico, prima ancora dei tedeschi, il pregiudizio, la diffidenza dei loro compagni, l’oblio in cui vorrebbero confinarle.
Contro questo oblio scrive Ritanna Armeni, che sfida tutti i «net» della nomenclatura fino a trovare l’ultima strega ancora in vita e ricostruisce insieme a lei la loro incredibile storia.
È Irina Rakobolscaya, 96 anni, la vice comandante del 588° reggimento, a raccontarci il discorso, ardito e folle, con cui l’eroina nazionale Marina Raskova convince Stalin in persona a costituire i reggimenti di sole aviatrici. È lei a descriverci il freddo e la paura, il coraggio e perfino l’amore dietro i 23.000 voli e le 1100 notti di combattimento. E a narrare la guerra come solo una donna potrebbe fare: «Ci sono i sentimenti, la sofferenza e il lutto, ma c’è anche la patria, il socialismo, la disciplina e la vittoria. C’è il patriottismo ma anche l’ironia; la rabbia insieme alla saggezza. C’è l’amicizia. E c’è – fortissima – la spinta alla conquista della parità con l’uomo, desiderata talmente tanto – e questa non è retorica – da scegliere di morire pur di ottenerla».
Prima di concludere una curiosità: il gruppo heavy power metal svedese Sabaton ha dedicato il brano Night Witches proprio alle pilotesse russe (anche se il correttore mi dice che è sbagliato io scrivo lo stesso pilotesse).
Alla prossima! Ciao, ciao..
Anteprima del libro Una donna può tutto di Ritanna Armeni